Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo
di Mario Calabresi
In un Paese che non riesce a trovare modelli, esempi, che occasione sprecata non ricordare, avere rimosso.
Mario Calabresi è il figlio di Luigi Calabresi, ucciso da alcuni esponenti di Lotta continua perché ritenuto colpevole della morte di Giuseppe Pinelli. In questo libro Mario parla, come dice il sottotitolo, della sua famiglia e di altre che negli Anni di piombo ma anche in tempi più recenti, hanno visto almeno un familiare morire per mano di terroristi.
Il titolo del libro è tratto da una poesia: Passa/una vela,/spingendo/la notte/più in là. L’autore è Tonino Milite, l’uomo che ha fatto da padre a Paolo, Luigi e Mario Calabresi.
Questo libro mi ha aperto gli occhi. Non che le cose di cui parla mi fossero del tutto estranee, o che molte delle ingiustizie non sapessero di tristemente già sentito, solo che magari non ci pensavo, relegavo il terrorismo a un “territorio” lontano, nel tempo o nello spazio. Sono quasi caduta dalle nuvole nel leggere a volte date molto recenti, non posso più giustificarmi con l'”io non c’ero, non ero ancora nata”. Devo ammettere, con molta vergogna, che molti dei nomi presenti in questo libro mi erano familiari, ma non conoscevo davvero le loro storie e, soprattutto, le loro tragedie. E mi sono vergognata non solo di questa mia ignoranza, ma anche della totale mancanza di interesse a colmare questa lacuna. Questo libro infatti mi è stato regalato, io probabilmente non me lo sarei mai comprato da sola, restia come sono a confrontarmi con questi argomenti. E poiché lo scopo per cui Calabresi ha scritto questo libro è quello di ricordare, di non dimenticare i nomi delle vittime e le persone che hanno lasciato, ritengo che leggerlo sia stato per me importantissimo.
Il segnalibro che ho usato durante la lettura, realizzato da me. |
Calabresi fa molti di questi nomi, e racconta delle storie e anche degli aneddoti, perché, come lui stesso dice ad un certo punto, sono i particolari a tenere viva la memoria, i ricordi pieni, vissuti e non la prosopopea.
Mi ha fatto molto bene leggere questo libro. Alcune pagine mi hanno indignato, altre mi hanno commosso, altre mi hanno fatto provare un’infinita ammirazione per quelli che vengono chiamati di solito semplicemente “parenti delle vittime”: quanto hanno sopportato, quanto ancora sopportano. Io non so se ce la farei a reagire, e soprattutto, a reagire così. In tutto il libro Calabresi utilizza sempre parole gentili e pacate, anche quando parla degli assassini di suo padre. Non c’è odio, raramente accuse, solo una descrizione di tutto quello che non va. Le maggiori emozioni le tira fuori quando, invece, parla di quelli che hanno cercato di fare qualcosa per tenere viva la memoria di queste vittime, la gratitudine, anche per esempio per delle scuse arrivate con decenni di ritardo, è sempre tanta:
In particolare sono rimasta molto colpita da alcune riflessioni riguardo alla visibilità che i mass media danno ai terroristi. Mi verrebbero da dire veramente tante cose sull’argomento, penso a quanto i giornalisti delle volte mi facciano irritare da morire, oppure penso ai reality show, che io detesto tutti e da sempre dal più profondo del cuore, e che secondo me hanno una buona parte di responsabilità in questo, con l’esasperazione del concetto di “celebrità” che hanno portato nella nostra società… ma andrei un po’ troppo fuori tema, quindi lascio semplicemente la parola alle frasi tratte dal libro che ho riportato in basso. Poche, per la verità, avrei voluto riportare interi capitoli, ma faccio prima a consigliare a tutti: leggete questo libro! È anche piccolino, non avete proprio scuse! ;)
Dammi 4 parole
Segnalibro dedicato al libro, realizzato da me. |
Sfide
Sfida “Dammi 4 Parole”
Gioco dell’OSA – II edizione
La sfida dell’ALFABETO 2011
Sfida della NON-Narrativa
Sfida dei consigli di lettura
Un po’ di frasi
ha caratteri chiaramente inopportuni. Ma la cosa più fastidiosa e pericolosa sono le interviste standard: dei terroristi che parlano non vengono quasi mai ricordati i delitti e le responsabilità, e questo non è accettabile soprattutto se sono interpellati per discutere proprio sugli Anni di piombo.