Il bacio d’una morta


di Carolina Invernizio


Il giovane Alfonso torna in Italia con la bella moglie spagnola Ines, in soccorso della sorella Clara che gli ha scritto una lettera disperata in cui si diceva in pericolo. Purtroppo i due arrivano troppo tardi: Clara è morta. Alfonso non può credere a tanto dolore, e si fa accompagnare dove la bara è stata deposta in attesa di sepoltura per dare l’ultimo addio alla sorella.

Questa la premessa da cui si dipanerà una storia che vorrebbe essere gotica e romantica insieme, e risulta brutta ma brutta come poche cose che ho letto. La scrittura della Invernizio è estremamente sdolcinata, direi proprio stucchevole. Per di più, ripetizioni, ripetizioni, ripetizioni a non finire! La storia in sé si può riassumere davvero molto brevemente!

Ho fatto una grandissima fatica a finirlo, andando avanti solo per non perdere la sfida, e perché ad un certo punto avevo comunque un po’ di curiosità di sapere come sarebbe andata a finire, e… orrendo anche il finale!! Non ci posso credere, Guido, il marito di Clara, dopo averla tradita, e aver tentato di ucciderla, finisce perdonato da lei e assolto da tutte le accuse, e i due tornano a vivere felicemente insieme! Mentre Nara, l’amante di Guido, una donna, ok, orribile, rimane l’unica colpevole! Ma che… schifezza, non ho altri aggettivi! Per di più i personaggi sono tutti piatti, banali, ripetitivi e scontati. Bè, mi sono tolta la curiosità di leggere questa autrice che conoscevo solo di nome. Penso che non leggerò più nulla di suo!

Voto per la sfida dell’alfabeto: 2/10

L’ex-libris della sfida dell’alfabeto è stato realizzato da Miss Page.

Titolo: Il bacio d’una morta
Autore: Carolina Invernizio
Nazionalità: italiana
Prima pubblicazione: 1889
Casa Editrice: liberliber.it
Pagine: 163
Provenienza: liberliber.it, 11 gennaio 2009
Link al libro: GOODREADSANOBII
inizio lettura: 21 gennaio 2009
fine lettura: 2 febbraio 2009

Sfide

Un po’ di frasi

Dal treno che arriva alle dodici da Livorno, erano scesi alla stazione centrale di Firenze due giovani sposi, che attiravano grandemente l’altrui attenzione. L’uomo poteva avere ventidue anni o poco più, ed era di una bellezza delicata, quasi femminea. Dal suo piccolo e stretto berretto da viaggio sfuggivano delle ciocche ricciolute di capelli dorati: gli occhi aveva nerissimi e pieni di dolcezza, la carnagione leggermente rosea, il naso affilato, la bocca gentile, aristocratica, con due piccoli baffi; il personale snello, vestiva in modo elegantissimo.
La sua compagna era piuttosto piccola di statura ed aveva il tipo bruno e procace delle andaluse. Capelli nerissimi, un poco ondati sulla fronte e che le cadevano sulle spalle in grosse trecce ripiegate: il volto di un pallore caldo, orientale, che faceva spiccare viepiù i suoi occhi di un celeste cupo; un paio d’occhi brillanti, voluttuosi, pieni di un fàscino singolare, e le labbra tumide, rosse, come un fiore di melagrano.
[incipit]

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