Perdersi e ritrovarsi alla fine del mondo
Titolo: Antartide
Sottotitolo: Perdersi e ritrovarsi alla fine del mondo
Genere: racconti di viaggio
Autore: Tito Barbini (sito ufficiale)
Nazionalità: italiana
Prima pubblicazione: 2008
Ambientazione: Antartide, giorni nostri
Casa Editrice: Polistampa
Pagine: 172
Link al libro: GOODREADS – ANOBII
inizio lettura: 1 dicembre 2008
fine lettura: 11 dicembre 2008
Me la ricordo ancora come fosse ora, quella sera. Mi ero fermato su una piccola insenatura di un promontorio ispido e ventoso. Una delle quattro case di pescatori ospitava per la notte i rari viaggiatori. Era l’estate australe del 2005. Ero solo. Soprattutto, ero a Capo Horn.
[incipit]
Come recita il sottotitolo, questo libro è il racconto di un viaggio nel continente più inospitale del mondo, ma anche di un viaggio spirituale all’interno di sé…
Il viaggio comincia molto prima di arrivare alla meta, l’introduzione infatti è piuttosto lunga (la costa antartica appare all’orizzonte solo a pagina 101!). All’inizio mi stufava un po’ questa cosa, continuavo a chiedermi: ma quando si arriva?!?! Solo dopo un po’ mi sono resa conto che questa attesa aumentava l’emozione del viaggio, anzi, era già viaggio, e che probabilmente anche Tito Barbini aveva provato questa ansia di arrivare, mentre comunque si godeva il viaggio sul rompighiaccio (molto emozionante in particolare l’incontro con le balene!!!)
Poi, finalmente, l’Antartide:
Il segnalibro che ho usato durante la lettura è stato realizzato da me. |
Ovviamente avendo deciso di leggere questo libro c’era da parte mia già un certo interesse per il continente di ghiaccio, e Barbini ha accresciuto senza dubbio il mio amore per questo luogo così eccezionale in tutti i sensi! Eccezionale, e pieno di contraddizioni: è allo stesso tempo Inferno e Paradiso. Inferno (di ghiaccio) perché è il luogo più inospitale del pianeta, l’unico dove l’Uomo, questo essere così adattabile, non si è mai stabilito, se non per brevi periodi, e in tempi molto recenti. Ma è anche, in un certo senso, un Paradiso. Perché è l’unico luogo al mondo in cui la natura sia ancora quasi totalmente incontaminata; è poi un continente a sé, che non appartiene a nessuno, e in cui vige il divieto assoluto di introdurre armi.
Mi sono piaciute anche le spiegazioni che ogni tanto l’autore dava su luoghi, persone, aneddoti riguardanti in qualche modo l’Antartide. Alcune cose le sapevo già, altre no (per esempio la Convergenza Antartica, una cosa affascinantissima), altre mi hanno incuriosito al punto da volerne sapere di più (per esempio la spedizione del capitano Scott).
Insomma, un libro molto bello, a cui però non mi sono sentita di dare 4 stelline, forse perché la parte introspettiva l’ho trovata eccessivamente moraleggiante e un po’ ripetitiva. Altre note negative sono state, per me, le molte citazioni di incerta attribuzione: in un romanzo un’imprecisione del genere ci sta bene, però in questo caso fare qualche ricerca per attribuire a chi di dovere le parola l’avrei gradita, invece dei soliti “non ricordo più chi ha detto” oppure “mi pare l’abbia detto Tizio”. Altra pecca, le foto (meravigliose, non c’è che dire!!) erano messe a casaccio, rappresentavano cose di cui si parlava molte pagine prima o anche molte pagine dopo.
A parte questo (e l’uso una volta di “gli” per dire “a lei”!!! Grrrrrrrrrr!!!!!!!), il libro è stata una piacevolissima lettura!
Per quanto riguarda invece la sua inerenza col tema dell’omonima sfida, il DESERTO, non sono molto soddisfatta, perché il protagonista di questo libro è più il viaggio, che il deserto. Però, pazienza, sono comunque davvero contenta di aver letto questo libro! :)