I libri sono una grandissima passione, e quando leggo un romanzo che mi piace si crea con l’autore una sorta di rapporto unilaterale fatto di affetto virtuale a distanza. Quindi quando mi si presenta l’occasione poter incontrare qualche autore dal vivo, non me la faccio scappare! E negli anni mi è successo diverse volte. Ecco allora che è nata questa rubrica!
[L’immagine della mano che firma proviene da ClipArtDude.]
Lunedì 5 luglio 2004 sono andata al secondo incontro della rassegna Libri sulla cresta dell’onda, tenutosi a Gaeta, all’Arena Stadium.
Sono ormai 11 anni che dalle mie parti organizzano questi incontri con gli scrittori, e purtroppo io spesso me li sono persi, o perché non c’ero, o perché l’ho saputo troppo tardi. Stavolta però, quando ho visto che sarebbero venuti Dominique Lapierre e Larry Collins, ho pensato: questa non posso farmela scappare! Stavo giusto leggendo un loro libro, non posso non andare all’incontro! E così, eccomi qui a raccontarvi com’è andata.
Alle 21 e 30 è iniziata la musica del Giampaolo Ascolese Jazz-Trio (nell’edizione di quest’anno ogni incontro era accompagnato da un “omaggio musicale”). Poi è arrivato Dominique Lapierre. Purtroppo, hanno spiegato poi, Larry Collins non ha potuto partecipare per motivi di salute. Doveva esserci una traduttrice, avevo letto sui manifesti, invece non c’era, Lapierre ha parlato in italiano, scusandosi, ma secondo me inutilmente perché lo parlava benissimo!
Il libro che era venuto a presentare era l’ultimo che lui e Collins hanno scritto insieme, uscito da pochi mesi: New York brucia?. Naturalmente, però, ha parlato anche di un sacco di altre cose, tra cui anche del “mio” Stanotte la libertà.
Ha iniziato dicendo quanto ama l’Italia, e gli italiani, e la loro magnifica generosità. Ha detto che nel Terzo Mondo ci sono più volontari dall’Italia che da qualunque altro Paese! Ci ha raccontato poi un paio di episodi curiosi riguardanti dei suoi lettori italiani. Gli ha scritto una donna di Napoli che, dopo aver letto New York brucia? ha deciso di smettere di fumare, e dare tutti i soldi che ogni anno spendeva per le sigarette ai poveri dell’India. Da Milano gli è arrivato da una coppia un pezzo di cartone con su incollate due fedi nuziali: «Le abbiamo portate per 40 anni di felicità», diceva la lettera che le accompagnava: «ora le diamo a lei per aiutare i bambini di Calcutta.» Perché Dominique Lapierre ha fatto un sacco di cose per l’India, la più importante delle quali è un ospedale per curare i bambini lebbrosi di Calcutta. Lapierre cede a questa istituzione buona parte dei suoi diritti d’autore, e ha ricevuto per questo anche la cittadinanza onoraria di Calcutta (ci ha detto poi più tardi di essere cittadino onorario anche di Schelpario, un paesino vicino Bergamo). Ha detto di sentirsi un po’ Hemingway e un po’ Madre Teresa, perché con i proventi dei suoi scritti tenta di cambiare la vita degli eroi che sono i personaggi dei suoi libri.
Ma torniamo a quello che ha detto all’incontro. Si è parlato anche di temi di “scottante attualità”, come si suol dire. Lapierre ha detto che una delle più grandi sfide del Nuovo Millennio è sapere se il ricco occidente è pronto a dividere un po’ più della sua ricchezza con i più poveri del Terzo Mondo, perché se non siamo pronti, il nostro mondo conoscerà sempre più terrorismo, disordini sociali e anche rivoluzioni. Secondo una recente statistica dell’ONU, 2 miliardi di persone nel mondo non hanno un accesso all’acqua potabile; un quarto della popolazione del pianeta (1.300.000.000 di persone) vive (o forse sarebbe meglio dire “sopravvive”) con meno di 1 euro al giorno; col denaro che spende un Paese come gli Stati Uniti per i cosmetici, si potrebbero educare tutti i bambini del mondo; basta il 4% della fortuna dei 255 uomini più ricchi del mondo per soddisfare i bisogni primari (cibo, acqua, educazione) di tutta l’umanità.
Durante le inchieste per raccogliere le informazioni che gli servirono per scrivere Stanotte la libertà, ha ritrovato il ricordo di un «uomo straordinario, un santo, un profeta, un capo politico, un leader come il mondo mai aveva conosciuto per molti secoli: il Mahatma Gahndi.» Le ricerche per questo libro gli permisero di scoprire la sua incredibile crociata per l’indipendenza dell’India, e questa fu una rivelazione: Gahndi aveva condotto alla libertà il suo popolo senza sparare neanche un colpo, senza far esplodere nessuna bomba, ma parlando d’amore, tolleranza e non violenza. L’avventura di quel libro fu un colpo di fulmine, l’inizio di una storia d’amore con L’India e il popolo indiano. Quando il libro divenne un successo, Lapierre volle testimoniare la sua riconoscenza agli indiani, e cedette parte dei diritti d’autore ai lebbrosi, scegliendo di fare del bene ad una categoria di persone che stavano molto a cuore anche a Gahndi. La città di Calcutta ha 12 milioni di abitanti, e ogni tipo di calamità possibile. Mentre raccontava di come è nato quel ricovero per bambini lebbrosi di cui parlavo all’inizio, ha nominato la moglie, e allora ce l’ha “presentata” (la vedete nella foto qui sotto): si chiama anche lei Dominique, ma lei è la “Grande Dominique”, mentre lui è il “Piccolo Dominique”.
Sono andati insieme in India (e ancora oggi ci ritornano almeno quattro volte l’anno) e hanno incontrato Madre Teresa (di cui la Grande Dominique è diventata una cara amica). Quando le hanno spiegato perché erano lì, lei ha esclamato entusiasta: «E’ Dio che vi manda!». A Calcutta c’era un certo James Stevens, da Lapierre definito una specie di Madre Teresa, ma anonimo. Era un ex mercante di camicie londinese, ed a Calcutta aveva cominciato a raccogliere bambini lebbrosi, e portarli in quest’istituto da lui fondato, a cui aveva dato il bellissimo nome di “Risurrezione”. Qui questi bambini venivano curati, nutriti, istruiti, e una volta grandi Stevens li aiutava anche a trovare un lavoro (in India per un lavoro trovato ci sono venti persone salvate). Quando i Lapierre arrivarono da Madre Teresa, James Stevens non aveva più soldi, ecco il motivo dell’esclamazione della suora appena spiegatole il loro intento. Grazie a loro Stevens ha potuto salvare il rifugio. Quando se ne andarono da Calcutta, promisero al loro nuovo amico che l’avrebbero aiutato a fare in modo che il suo rifugio non sarebbe mai dovuto chiudere.
Durante questa loro visita a Calcutta, James Stevens li portò nella Città della Gioia, il quartiere che dà il nome al libro credo più famoso di Lapierre. Qui vivono 75 mila persone in un’area grande come due campi di calcio; la speranza di vita è di meno di quarant’anni. Eppure in quest’inferno Lapierre ha trovato più gioia, più festa, più sorrisi che in molte metropoli del ricco occidente.
Tra le persone che ha incontrato ci ha raccontato di un uomo-risciò. I risciò sono quelle specie di carrozze monoposto trainate da persone. Un uomo-risciò sarebbe in pratica un uomo-cavallo. Hanno un campanello per annunciare la loro presenza, è la loro voce. Lapierre porta sempre con sé uno di questi campanelli. Il suo «cellulare di Calcutta», così lo chiama. Lo tiene sempre in tasca, lo porta in tutti i suoi viaggi, perché gli reca la voce delle vere luci dell’umanità, i suoi amici, gli uomini-risciò di Calcutta.
Un altro dei suoi incontri nella Città della gioia è Padmini, una bambina di 8 anni. Ogni mattina Padmini si alza alle 5, va alla stazione, per raccogliere i pezzi di carbone che cadono dai treni, a volte ancora incandescenti. Li porta alla madre, che li divide, metà li vende, e con i soldi compra il riso per la famiglia; l’altra metà la usano per cuocere il riso. Poi Padmini prende il fratellino di nove mesi, si accoccola per strada e inizia a massaggiarlo, piano, con amore, massaggia la pelle screpolata e dura del fratellino, e sembra quasi che voglia nutrirlo con i gesti delle sue mani. E’ stato proprio vedendo quanto amore si trasmetteva tra queste due creature, quanto ne traspariva dai loro sguardi, che Lapierre ha deciso di scrivere questo libro, e fin dall’inizio aveva deciso di dare parte del ricavato a questi suoi amici.
E ora, oltre al ricovero per i bambini lebbrosi, ci sono anche altre iniziative che vanno avanti grazie ai suoi diritti d’autore, tra cui, ad esempio, 4 battelli-ospedale che navigano sul Gange per soccorrere gli abitanti delle 54 isole (che non sono presenti in nessuna cartina). E dopo l’11 settembre anche Larry Collins volle cedere i suoi diritti d’autore, e decisero così di scrivere questo libro che sono venuti a presentare, New York brucia?. Questo romanzo poliziesco parla del terrorismo, e della bomba atomica, due cose che costituiscono la più grande minaccia del mondo di oggi. Nel libro hanno immaginato una cosa molto reale: un atto terroristico nucleare in una città occidentale. Mentre raccoglievano informazioni per il libro hanno scoperto che portare una bomba in una città come New York sarebbe estremamente facile, perché ogni giorno al porto arrivano migliaia di carghi, e solo il 2% di questi viene controllato. Il Pakistan, che è un paese islamico, possiede la bomba atomica, e gli scienziati che l’hanno realizzata hanno chiaramente specificato che non la considerano una bomba pakistana, ma islamica.
Insomma, un libro d’attualità che di più non si può!
Dopo la presentazione del libro, è stato il momento delle domande, ma ve le risparmio. Riporterò solo in breve qualche altra cosa detta da Lapierre. Lui e la moglie hanno parlato di Madre Teresa, di come diceva sempre che tutti possono fare qualcosa per migliorare il mondo. La Grande Dominique l’ha descritta come una persona tanto piccola, eppure tanto piena d’amore, di luce. I suoi occhi erano vivi, capaci di dare gioia alle persone che incontrava. Aveva in sé la forza di chi crede che tutto è possibile. Lapierre poi ci ha letto la filosofia sulla vita di Madre Teresa, e cioè il suo Inno alla vita.
Infine, Lapierre ha concluso dicendo che se pensa ai problemi che tutti i giorni i poveri che ha conosciuto devono affrontare, non gli sembrerà più un problema così difficile cercare un parcheggio sugli Champs-Elysée!
Dopo c’è stato il momento della firma degli autografi!
Eccovi lui mentre firma
il libro che mi sono comprata per l’occasione, e il suo autografo con dedica!
Spero che vi sia piaciuto il racconto di questa mia esperienza, e spero tanto di non avervi annoiato. Certo, letto sul web fa un ben misero effetto, ma vi assicuro che ascoltato direttamente da lui, col suo carisma, la sua vitalità, la sua partecipazione, è stato un discorso veramente coinvolgente!
Bene, ora ho finito davvero, e vi saluto! Al prossimo commento!!!