La signora delle camelie – Capitoli 9 – 14


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Ho capito che mi amate per me e non per voi, mentre gli altri mi hanno sempre amata per loro stessi.

Marguerite

ATTENZIONE SPOILER!
Gli spoiler (anticipazioni sulla trama) non sono segnalati in alcun modo, poiché occupavano gran parte del commento.
Leggete a vostro rischio e pericolo!

In questi capitoli l’accento economico è stato molto puntato sulle spese di Marguerite. Da più di un personaggio (lei compresa) viene ripetuto il discorso che lei spende tot mila franchi l’anno e Armand non se la può permettere. La cosa viene vista come se non fosse una scelta di Marguerite quella di vivere così lussuosamente, e neanche una necessità: semplicemente un dato di fatto. Il modo in cui viene trattata questa questione economica mi è parso finora forse il peggiore di questo romanzo, perché mi pareva proprio che Marguerite fosse considerata (anche da lei stessa) come una cosa, una macchina che consuma o l’affitto di una casa.

Il culmine del peggio, però, lo raggiunge secondo me Armand, e non in una delle sue sparate infuriate, ma, anzi, in un momento in cui si pente di come si è comportato con Marguerite, e dice a se stesso:

Avevo forse pagato quella donna, così da avere il diritto di rimproverarle la vita che conduceva?

Perfino lui, così innamorato e pronto in certi momenti a idealizzare la sua amata, non può fare a meno di considerarla economicamente.

Non riesco ancora a capire bene qual è il pensiero di Dumas su questo argomento. Se la sua critica è alle mantenute, ai loro clienti, o all’intera società.

Ma forse, semplicemente, lui non ha scritto questo romanzo per criticare, ma solo per raccontare una storia, una storia quasi autobiografica. Infatti ricordo di aver letto nell’introduzione che Dumas stesso era stato innamorato di una mantenuta, e quando si era reso conto dell’impossibilità di questo amore, le aveva scritto una lettera contenente le stesse identiche parole di quella di Armand:

Non sono né abbastanza ricco per amarvi come vorrei io, né abbastanza povero per amarvi come vorreste voi. Dimentichiamo, dunque: voi un nome che deve esservi quasi indifferente, io, una felicità che mi diviene impossibile.

Vedremo se le cose da questo punto di vista mi parranno più chiare andando avanti con la lettura. E vedremo anche se migliorerà l’opinione che mi sono fatta per ora di Armand, perché in questi capitoli ha cominciato a starmi piuttosto antipatico, con i suoi continui ripensamenti.

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Un po’ di frasi

[Marguerite a Prudence:] «Bene, me lo racconterete più tardi. Prima che andiate via vi debbo parlare.»
«Penso proprio che siamo di troppo», dissi allora, «e adesso che abbiamo, anzi che ho, ottenuto una seconda presentazione, per far dimenticare la prima, credo che ce ne andremo, Gaston e io.»
«Neppure per idea: non parlavo mica per voi. Anzi, voglio invece che restiate.»
Il conte tirò fuori un elegantissimo orologio, e lo guardò.
«È ora che vada al club», disse.
Marguerite non rispose niente.
Il conte si allontanò dal caminetto a cui era appoggiato, e, andando verso di lei, disse:
«Addio, signora.»
Marguerite si alzò.
«Addio, caro conte; andate già via?»
«Sì, temo di annoiarvi.»
«Non mi annoiate più del solito. Quando vi rivedrò?»
«Quando me lo permetterete.»
«Addio, allora!»

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