«Che ci fai qui, piccola? Non puoi sapere quanto è brutta la vita, giovane come sei.»
Fu allora che Cecilia espresse verbalmente ciò che doveva rappresentare l’unica parvenza di una lettera d’addio, superflua, tra l’altro, dato che non era morta. «Dottore» disse, «è evidente che lei non è mai stato una ragazza di tredici anni.»
(Pagina 10)
Un romanzo che mi ha conquistato lentamente ma sempre più potentemente. Un autore da approfondire sicuramente!
Siamo negli anni ’70. In una cittadina del nord degli Stati Uniti la famiglia Lisbon viene colpita da un grave lutto: la figlia più giovane, Cecilia, di soli tredici anni, si suicida. In poco più di una anno le quattro sorelle seguiranno il suo esempio, di fronte agli sguardi impotenti e innamorati di alcuni coetanei che, a distanza di vent’anni, ancora tenteranno di dare una spiegazione alla tragedia.
La lettura di questo romanzo è stata purtroppo lenta e frammentaria a causa del periodo alquanto impegnato in cui ho iniziato a leggerlo, e per questo motivo il libro ne ha risentito anche da un punto di vista fisico: è tutto rovinato perché è venuto con me in giro un po’ dappertutto per un sacco di tempo, ha anche preso un bel po’ d’acqua quel giorno che mi s’è rovesciata una bottiglia in borsa. Ma ha resistito, e anch’io ho resistito, e ne è valsa la pena perché è proprio un bel romanzo!
the virgin suicides by tiny-cauli on DeviantArtAmmetto che la lettura non è iniziata nel migliore dei modi: le prime pagine non mi convincevano, e ho trovato un appunto preso all’inizio in cui commentavo che questo narratore che parla in prima persona plurale lo trovavo odioso, invece proseguendo nella lettura è una delle cose che mi è piaciuta di più. Mi ha molto colpito infatti questo gruppo di ragazzi che, ormai adulti, a vent’anni di distanza, ancora si sentono in un certo senso in colpa per quello che è successo alle Lisbon, e cercano di capire, di trovare una ragione, conducendo una vera e propria indagine in cui raccolgono reperti e testimonianze sui suicidi delle sorelle Lisbon. Spero di non spoilerare nel dire che un vero motivo, un’unica e precisa ragione non si troverà, e ai Nostri (è proprio il caso di chiamare così, questa volta, questo “noi” tramite i cuoi occhi collettivi osserviamo tutta la vicenda) restano foto sbiadite e ricordi consumati di una tragedia che ha sconvolto la città ma tutto sommato non ha sorpreso nessuno.
La trama si svolge come un lunghissimo flashback che parte dalla morte dell’ultima sorella per poi ripercorrere quell’intero anno in cui le quattro sorelle superstiti dopo il suicidio di Cecilia si alienano sempre più dalla vita. I loro genitori, insegnanti e altre figure professionali che le circondano provano a fare qualcosa, sbagliano moltissimo, tutti soprattutto falliscono nel tentativo di comprendere le ragazze. Quelli che più di tutti riescono ad avvicinarle almeno col pensiero sono i ragazzi narratori, ma alla fine vediamo che anche loro falliranno, fraintendendo completamente l’addio delle sorelle, credendo si siano finalmente decise a scappare, pronti a seguirle in capo al mondo, quando loro avevano in mente solo il viaggio ultimo, e li hanno scelto come “testimoni” della loro morte.
Questa è, nell’intenzione dell’artista (suppongo), una pagina del diario di Cecilia, spesso nominato all’interno del romanzo. Virgin suicidal notes by anysketchbook on DeviantArt
L’ambientazione non è chiarissima, io confesso che, non so per quale motivo, ero convinta ci trovassimo nel sud degli Stati Uniti, salvo poi scoprire dalla Wikipedia che invece siamo in uno degli Stati del nord (cosa che ho comunque poi verificato all’interno del romanzo). Ma dove e quando ci troviamo di preciso è poco importante, di fatto la città potrebbe essere una qualsiasi, anche la nostra, con i vicini che spiano osservano e giudicano, e non comprendono, la mentalità chiusa, il pregiudizio, l’incapacità di gestire le “anomalie”. Perfino l’invasione di crisope, una cosa disgustosissima che non mi è mai capitata e spero non mi capiti mai, sembra comunque divenire familiare se vista con gli occhi di chi ci è abituato e si può facilmente trovarne un qualsiasi corrispettivo nelle città in cui viviamo.
I personaggi che incontriamo in questo romanzo sono tanti, ma la maggior parte passa di sfuggita, solo le sorelle, figure onnipresenti nella mente dei narratori, emergono dalla massa, a volte singolarmente, ognuna con la sua propria personalità (soprattutto Lux), a volte come un’unica entità, quando perfino i Nostri ammettono di fare fatica a distinguerle. Le cinque sorelle Lisbon. The Virgin Suicides by regted on DeviantArtMi ha molto colpito il personaggio della vecchia Karafilis, la nonna di uno dei “noi”, che ha subito in gioventù guerra e deportazioni e pertanto non riesce a prendere sul serio le tragedie dei suoi vicini, ma si interessa invece al caso delle Lisbon, quasi intuisse nella loro situazione l’unico dolore paragonabile al suo, l’unica tragedia abbastanza grande da poter essere paragonata alle sue.
Lo stile di Eugenides mi è piaciuto parecchio. Il libro l’ho letto in italiano perché così mi era stato regalato, e un po’ mi è dispiaciuto non potermi godere l’originale, ma l’ho comunque apprezzato parecchio. L’idea di un narratore al plurale, come ho già detto, mi ha affascinato moltissimo, mi hanno colpita e coinvolta queste persone che hanno faticato tanto per rimettere insieme, anche dopo tutti quegli anni, le vite di queste ragazze che tanto li avevano soggiogati. La scrittura è accattivante e coinvolgente, ti porta dentro questa città e te la fa diventare familiare quasi fosse la tua. Senza contare che Eugenides riesce egregiamente ad entrare nella mente femminile pur mostrando sempre un punto di vista maschile. Senza dubbio un autore da approfondire.
Il segnalibro che ho usato durante la lettura è stato realizzato da me.Il titolo, devo dire, non mi piace particolarmente, non mi ha mai attirato e se non fosse stato per quanto ne sentivo parlare bene non avrei mai voluto leggere questo libro. La copertina, invece, la trovo bellissima (almeno quella di questa mia edizione), con quelle labbra rosse in primo piano e i capelli biondi a incorniciare un viso che può essere una e tutte le sorelle Lisbon.
Commento generale.
Un romanzo toccante, profondo, ma scorre piacevolmente, nonostante il tema trattato non sfocia mai nella tragedia, è solo tutto permeato da un desiderio di capire e di poter dare una spiegazione al dolore umano. Una libro che consiglio a chiunque, e un autore che devo assolutamente rincontrare.
Il giardino delle vergini suicide (1999) di Sofia Coppola
Un po’ di frasi
La mattina che si uccise anche l’ultima figlia dei Lisbon (stavolta toccava a Mary: sonniferi, come Therese) i due infermieri del pronto soccorso entrarono in casa sapendo con esattezza dove si trovavano il cassetto dei coltelli, il forno a gas e la trave del seminterrato a cui si poteva annodare una corda.
[incipit]
Imparammo a conoscere il morso del vento che nella brutta stagione ti si infila sotto la gonna, e la sofferenza del dover tenere le ginocchia unite in aula, e quanto fosse monotono e frustrante saltare la corda mentre i maschi giocavano a baseball. Non eravamo mai riusciti a comprendere perché le ragazze ci tenessero tanto a dimostrarsi mature, né perché si sentissero obbligate a scambiarsi complimenti: però, a volte, dopo che qualcuno di noi aveva finito di leggere a voce alta un lungo brano del diario, dovevamo reprimere l’impulso di abbracciarci o di dirci quanto eravamo carini. Avvertivamo il senso di reclusione che comporta l’essere ragazze, con la testa che ribolle di idee e di sogni, per poi imparare le combinazioni di colori più adatte. Ci si rese conto della fraternità che ci univa; esistevamo tutti nello spazio come animali con la stessa pelle, e loro ci conoscevano benissimo, benché ai nostri occhi rappresentassero un mondo inesplorato. E infine comprendemmo che le ragazze erano proprio donne camuffate, che capivano l’amore e anche la morte, e che il nostro compito consisteva semplicemente nel creare il rumore che sembrava capace di affascinarle.
(Pagina 40-41)
La vecchia Karafilis non dava mai molta importanza alle chiacchiere dei vicini, soprattutto perché non le comprendeva: e quel poco che capiva le sembrava banale.
(Pagina 149)
Cioè che la mia yia yia non ha mai compreso dell’America è perché tutti fingano di essere felici sempre e comunque.
(Pagina 151)
Nel destino di quelle fanciulle ubriache che ci baciavano o svenivano sulle sedie c’erano l’università, un marito, bambini da allevare, un’infelicità percepita solo vagamente: in altre parole, la vita.
(Pagina 202)
Si erano uccise davanti allo spettacolo delle nostre foreste in agonia, dei lamantini mutilati dalle eliche quando salivano in superficie a bere dalle canne per innaffiare; si erano uccise alla vista dei vecchi pneumatici accatastati in mucchi più alti delle piramidi; si erano uccise per l’impossibilità di trovare un amore che nessuno di noi avrebbe mai potuto essere. In definitiva, il tormento che aveva dilaniato le sorelle Lisbon metteva in luce un puro e semplice rifiuto razionale di accettare il mondo così come era stato loro tramandato, con tutte le sue pecche.
E abbiamo dovuto imbrattarci il muso nelle loro ultime tracce, orme fangose sul pavimento, bauli calciati via, respirare per sempre l’aria delle stanze dove si sono uccise. In fondo non contava quanti anni avessero, o che fossero delle ragazze, ma solo il fatto che le avevamo amate e che loro non avevano udito il nostro richiamo; non ci odono neanche adesso che siamo quassù, nella casa sull’albero, con i capelli radi e un po’ di pancia, e le chiamiamo perché escano dalle stanze in cui sono entrate per trovare la solitudine eterna, la solitudine del suicidio, che è più profondo della morte, le stanze dove non troveremo mai i pezzi per rimetterle insieme.
L’aver letto questo tuo post mentre scrivevo di Abbiamo sempre vissuto nel castello mi ha incuriosita molto, oltre a sembrarmi una felice coincidenza :-).
A naso, i due romanzi sembrerebbero avere più di qualche elemento in comune.
Molto interessante, il tuo post :-)
Ciao ;-)
Sì, indubbiamente le fanciulle protagoniste e la segregazione in casa li rendono due romanzi affini, ma da quel che ho letto nel tuo post una componente importante di Abbiamo sempre vissuto nel castello mi è sembrata essere l’odio dei concittadini, che invece qui manca, essendo per la maggior parte solo una grossa incapacità di comprendere. Mi viene in mente una cosa che accade verso la fine del libro: ad una festa un uomo ubriaco cade in acqua, e quando lo tirano fuori lui ridendo si mette a gridare “no, lasciatemi affogare, sono un ragazzino, ho dei problemi!” Più di tante altre cose questa frase mi ha colpito come forse l’espressione di un sentimento reale (come si suol dire, in vino veritas) condiviso dal resto della cittadina, e che trovo estremamente realistico, che pure (o forse proprio per questi) mi ha scosso.
E scusa se mi sono messa a scrivere un altri papiro, ma come dicevi tu se non sbaglio nel penultimo post, certi libri lo capisci dopo quanto ti abbiamo lasciato, quando è passato un po’ di tempo.
Anche a me era piaciuto molto questo romanzo, confermandomi definitivamente il talento di Eugenides!! Ti consiglio come suo prossimo libro Middlesex, assolutamente il mio preferito di quest’autore!
Il film non l’ho visto nemmeno io, ma mi sembra di ricordare il trailer, dovrebbe esserci Kirsten Dunst che interpreta una delle sorelle Lisbon!
Ciao! Scusami ma non so come mai WordPress ha smesso di avvisarmi quando qualcuno commenta sul blog, per cui ho visto questo tuo commento solo adesso. MIddlesex è già nella mia wishlist, sicuramente sarà la mia prossima lettura di questo autore, grazie del consiglio!
Sì, nel film c’è Kirsten Dunst, dicono tutti sia molto bello, la regista è Sofia Coppola, sono molto curiosa, devo dire!
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Recupera il film, molto bello anche quello (se si può parlare di bellezza per un argomento simile).
Grazie, in effetti ne ho sentito parlare da tutti molto bene, e sono molto curiosa, anche perché mi sembra un romanzo piuttosto difficile da adattare.
L’aver letto questo tuo post mentre scrivevo di Abbiamo sempre vissuto nel castello mi ha incuriosita molto, oltre a sembrarmi una felice coincidenza :-).
A naso, i due romanzi sembrerebbero avere più di qualche elemento in comune.
Molto interessante, il tuo post :-)
Ciao ;-)
Sì, indubbiamente le fanciulle protagoniste e la segregazione in casa li rendono due romanzi affini, ma da quel che ho letto nel tuo post una componente importante di Abbiamo sempre vissuto nel castello mi è sembrata essere l’odio dei concittadini, che invece qui manca, essendo per la maggior parte solo una grossa incapacità di comprendere. Mi viene in mente una cosa che accade verso la fine del libro: ad una festa un uomo ubriaco cade in acqua, e quando lo tirano fuori lui ridendo si mette a gridare “no, lasciatemi affogare, sono un ragazzino, ho dei problemi!” Più di tante altre cose questa frase mi ha colpito come forse l’espressione di un sentimento reale (come si suol dire, in vino veritas) condiviso dal resto della cittadina, e che trovo estremamente realistico, che pure (o forse proprio per questi) mi ha scosso.
E scusa se mi sono messa a scrivere un altri papiro, ma come dicevi tu se non sbaglio nel penultimo post, certi libri lo capisci dopo quanto ti abbiamo lasciato, quando è passato un po’ di tempo.
Anche a me era piaciuto molto questo romanzo, confermandomi definitivamente il talento di Eugenides!! Ti consiglio come suo prossimo libro Middlesex, assolutamente il mio preferito di quest’autore!
Il film non l’ho visto nemmeno io, ma mi sembra di ricordare il trailer, dovrebbe esserci Kirsten Dunst che interpreta una delle sorelle Lisbon!
Ciao! Scusami ma non so come mai WordPress ha smesso di avvisarmi quando qualcuno commenta sul blog, per cui ho visto questo tuo commento solo adesso.
MIddlesex è già nella mia wishlist, sicuramente sarà la mia prossima lettura di questo autore, grazie del consiglio!
Sì, nel film c’è Kirsten Dunst, dicono tutti sia molto bello, la regista è Sofia Coppola, sono molto curiosa, devo dire!