Titolo: Piccole donne uccidono
Titolo originale: A double life
Genere: racconti
Autore: Louise May Alcott (Wikipedia)
Nazionalità: statunitense
Anno prima pubblicazione: 1863-67
Ambientazione: varie
Personaggi: Clotilde, Paul, Sybil Varna, Alexis Demodoff, Nadja Demodova, Max Erdmann, Agatha Eure, Ursula Forrest, Evan Forrest, Felix Stahl
Casa Editrice: Editori Riuniti
Traduzione: Marinella Magri
Copertina: Louis Welden Hawkins, Ventaglio, 1905
Pagine: 166
Provenienza: Bookmooch
Link al libro: IN LETTURA – ANOBII – GOODREADS
inizio lettura: 5 aprile 2014
fine lettura: 8 aprile 2014
Trattandosi di una commedia spagnola, quella sera Clotilde riuscì ad immedesimarsi nella parte con tale abbandono da apparire come l’incarnazione della forza e della passione.[incipit de “Una duplice tragedia”]
Il titolo di questo libro mi aveva incuriosito, ma ho presto scoperto che era assolutamente fuorviante. A parte questo, comunque, i racconti non mi hanno entusiasmato particolarmente.
Quattro racconti che hanno in comune trame cupe, storie d’amore sfortunate, misteri, assassinii.
Quando ho scoperto l’esistenza di questo libro mi sono subito detta: lo devo leggere! Ero troppo curiosa di scoprire come se la cavava l’autrice del celeberrimo Piccole Donne in un genere così diverso come il giallo. Bè, sono rimasta delusa sotto molti punti di vista, in special modo per il fatto che non si tratta affatto di un libro giallo.
Le trame dei quattro racconti hanno diversi punti in comune, tra cui una certa melodrammaticità nel comportamento dei personaggi che io proprio non riesco ad apprezzare.
Il primo racconto, “Una duplice tragedia”, ha un finale che non mi aspettavo, ma che comunque non mi ha soddisfatto.
Il secondo racconto, “Il tartaro domato”, è quello che mi è piaciuto di più. E’ estremamente prevedibile, e i personaggi sono un po’ forzati in alcuni aspetti (lui è una bravissima persona, salvo quando gli prendono i cinque minuti e diventa estremamente violento, lei è indomita e coraggiosa, non si scompone né si scoraggia mai, poi prende una storta e sviene dal dolore). Però l’ho trovato comunque molto divertente, e ho apprezzato anche il finale.
“Uno sguardo d’incanto”, il terzo racconto, è invece quello che mi è piaciuto di meno, interessante all’inizio, ma poi noioso, e l’aggiunta di un tocco di soprannaturale mi ha infastidito.
Infine, l’ultimo racconto, “Il destino dei Forrest”, l’ho trovato molto interessante perché mi ha messo molta curiosità riguardo al mistero che circondava il matrimonio di Ursula, però il finale non mi ha soddisfatto pienamente.
L’ambientazione non è mai particolarmente evidente, ma ci sono ogni tanto dei richiami “esotici”, come la Russia ne “Il tartaro domato” o l’India ne “Il destino dei Forrest”. Inutile dire che questo aspetto non mi ha particolarmente entusiasmato.
I personaggi sono a volte un po’ stereotipati, ma non sono neanche troppo male. La mia preferita è sicuramente la protagonista de “Il tartaro domato”. Le altre figure femminili, sebbene anche a modo loro personaggi forti, non hanno saputo conquistarmi. I personaggi maschili sono tutti piuttosto scialbi, se hanno delle qualità lo sappiamo soltanto per come li vedono le loro donne, e questo anche nei racconti in cui erano i narratori.
Lo stile neanche mi ha particolarmente colpito. Il primo e il terzo racconto sono narrati in prima persona da un uomo, il secondo da una donna, mentre il quarto è in terza persona, ma a parte questo non c’ho trovato nulla di notevole.
La copertina devo dire mi piace, con quel volto di donna in primo piano, dipinto su un ventaglio, conferisce una certa aura di mistero. Il titolo lo detesto. Ok, è uno dei motivi per cui mi sono interessata a questo libro, però è veramente e totalmente fuori luogo! Mi ha fatto credere che si trattasse di un giallo, come minimo, invece sono solo racconti che potremo definire penso “del mistero”, per certi versi, e il richiamo a Piccole Donne è inutile e, onestamente, ridicolo.
Commento generale.
Sono rimasta molto delusa da questi racconti, e per questo forse li ho giudicati con più severità di quanto meriterebbero. Penso infatti che molti degli aspetti che non ho gradito siano un po’ dei topoi della letteratura dell’epoca (il soprannaturale che proviene dall’oriente, l’amore sfortunato che sfocia in tragedia, la fanciulla che si sacrifica per l’amato, ecc), e se considerati in quest’ottica, neanche troppo male. Però a me questi racconti non sono piaciuti, tranne il secondo (anche se era molto prevedibile) non mi hanno divertito. L’ultimo, come ho detto, mi aveva messo una grande curiosità e quindi mi stava prendendo molto, ma poi nel finale ha perso il suo fascino. Insomma, mi sono tolta lo sfizio di leggere questo libro che mi incuriosiva da tempo, e adesso so che avrei potuto benissimo farne a meno! Poco male, lo rimetterò in scambio su BookMooch! :)
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