…la grande guerra che giustamente, a mio parere, viene chiamata “guerra mondiale”, e non già perché l’ha fatta tutto il mondo, ma perché noi tutti, in seguito ad essa, abbiamo perduto un mondo, il nostro mondo…
(Pagina 44)
Avevo veramente un sacco di aspettative riguardo a questo romanzo. Alla fine si è rivelato diverso da quello che mi aspettavo (anche se onestamente non saprei dire cosa mi aspettassi), ma non per questo mi è piaciuto di meno.
Francesco Ferdinando Trotta è giovane, nobile e ricco. Passa le giornate a dormire e le nottate a fare baldoria con gli amici. Anni dopo, ormai anziano, ci racconta di come quel mondo, senza che nessuno di loro se ne rendesse realmente conto, stava per scomparire.
Ho comprato questo libro, se non ricordo male, su una bancarella dell’usato. Non so voi, ma io le adoro, e non solo perché vendono libro a prezzi stracciatissimi, o perché ci si possono trovare titoli o edizioni ormai fuori commercio. Le adoro anche perché a volte si può avere la fortuna di trovare un libro usato in cui il precedente proprietario abbia anche lasciato una traccia di sé. In questo volume in particolare ho trovato trascritte a mano, sulla prima pagina, alcune frasi tratte dal romanzo, evidentemente le preferite del precedente lettore, e mi trovo a concordare con lui perché le ho segnate anch’io. Però queste frasi si trovano solo nella prima parte del romanzo, e non ho potuto fare a meno di chiedermi come mai: forse l’anonimo lettore ha smesso di leggere, ad un certo punto? oppure si è stancato di scrivere le frasi? Perché l’idea che abbia letto tutto il romanzo senza trovare altri brani da fermare, da ricordare, mi pare assurda, visti quanti ne ho scritti io, invece!
Tutto questo per dire che il piacere di leggere un libro già di per sé bello è stato per me aumentato dalle tracce lasciate da qualcuno che ha letto il libro prima di me! :)
Ma bando alle ciance, parliamo del romanzo. La trama si svolge nell’arco di 6 anni circa, e i tempi sono scanditi dalla Grande Guerra. Il protagonista parla col senno di poi di quegli anni spensierati, vedendo coi suoi occhi maturi la morte che “invisibile incrociava già le sue mani ossute” nei brindisi si questi giovani che poco tempo dopo hanno visto la loro vita svanire. Non nel senso che sono morti, ma nel senso che niente è stato più come prima. La Cripta dei Cappuccini è la storia di un mondo che svanisce, e in questo mi ha ricordato molto Downton Abbey, ambientato nello stesso periodo. Qui però la situazione è molto più drastica, e si respira sempre un’aria di impotenza e rassegnazione.
L’ambientazione personalmente l’ho trovata molto bella. C’è Vienna, vista prima (aprile 1913) e dopo (dal dicembre 1918 al febbraio 1919) la guerra, apparentemente la stessa, fisicamente, ma i cambiamenti avvenuti nelle persone, nel modo di vedere la vita, influiscono volenti o nolenti anche sulla città, che cambia aspetto agli occhi del protagonista, vi si sente estraneo. Quasi quasi si trovava meglio in “esilio”, prigioniero prima e disertore poi, in Russia. Questa parte mi è piaciuta, ma un pochino pochino mi ha deluso per l’estrema somiglianza (almeno per quel che posso ricordare) con l’unico altro romanzo di Roth che ho letto, Fuga senza fine. Mi ha dato come l’impressione di voler riproporre di nuovo lo stesso discorso, anche se poi il romanzo di per sé è diverso (ma i temi sono piuttosto simili). Questo qui cominque mi è piaciuo sicuramente di più.
I personaggi mi sono piaciuti molto. All’inizio, soprattutto, mi hanno affascinato questi giovani che reputano la moda (e con essa l’accettazione da parte dei propri pari) più importante di qualunque cosa, soprattutto per via di quello che loro consideravano “di moda”: non si detestano gli ebrei perché lo fanno i loro servitori, ma poi i poveri sono guardati come figure affascinanti, e vengono imitati nel modo di vestire. Trotta fin dall’inizio sembra distanziarsi dai suoi amici e coetanei, ma solo perché noi, potendo leggere i suoi pensieri, sappiamo quando non si trova d’accordo con loro, pur fingendo di uniformarsi. E’ soltanto dopo, quando tutto scompare e si trasforma, che la diversità di Trotta emerge con più forza: prima sembra l’unico ad aver compreso la gravità del cambiamento, poi, verso la fine, appare l’unico a non averla davvero afferrata. A proposito di questo finale, devo ammettere che un pochettino mi ha deluso. Non saprei ben spiegare perché ma, arrivata all’ultimo rigo, ho pensato “e quindi?”, come se mi mancasse qualcosa. Eppure lo trovo un finale molto molto adatto al romanzo, veramente non avrei saputo trovarne uno migliore… però, non so, mi ha lasciato un po’ insoddisfatta!
Lo stile è sicuramente il punto su cui non ho proprio nulla da criticare: mi piace tantissimo il modo di scrivere di Roth! Il modo in cui descrive tutte queste persone, i loro gesti, le loro vite tratteggiate a volte anche in poche righe… veramente stupendo! La sensazione di straniamento, di non-appartenenza, chi di noi non le ha mai provate? E Roth le descrive benissimo magari solo con un atteggiamento, o un comportamento particolare, o una frase inutile ripetuta a un cane («Franz, il conto!»). Inutile dire che questo non è l’ultimo romanzo di Roth che leggerò.
Ho deciso di inserire i commenti su titolo e copertina non più in una sezione a parte ma qui, all’interno del commento. La copertina della mia edizione non mi piace particolarmente: l’immagine, troppo piccola per i miei gusti, rappresenta l’Imperatore Francesco Giuseppe I. Attinente sicuramente, ma io forse avrei preferito qualche immagine della Cripta, e sicuramente di dimensioni maggiori.
Il titolo è semplicemente perfetto. Innanzitutto intriga il lettore, o almeno così ha fatto con me. Nella mia mente evoca qualcosa di mistery/gotico/fanta-storico. Invece no, il libro è tutt’altra cosa, ma il titolo è bello proprio per questo, e anche per il fatto che per buona parte del romanzo non si capisce cosa c’entri con la storia. La Cripta viene nominata infatti solo a pagina 114, ma di sfuggita, scompare immediatamente dalla narrazione. Mi c’è infatti voluto un po’ per capire cosa significasse nell’economia del romanzo. Se avete intenzione di leggere anche voi La Cripta dei Cappuccini, e volete gustarvi anche voi questa scoperta fatta andando avanti col romanzo, allora non leggete quando scrivo qui di seguito sotto spoiler. In caso contrario, sappiate che non si tratta di un vero spoiler, ma solo di una spiegazione del titolo di cui, tra l’altro, non ha bisogno chi è magari pratico di storia austro-ungarica. La Cripta dei Cappuccini, o Cripta Imperiale, è una chiesa viennese dove sono sepolti quasi tutti i monarchi austriaci dal 1633 in poi. Nella Cripta è perciò sepolto anche Francesco Giuseppe I, l’ultimo imperatore austro-ungarico, il simbolo di quel mondo di cui Trotta (e Roth con lui) piange la scomparsa.
Commento generale.
La Cripta dei Cappuccini non è uno di quei romanzi che non riesci a smettere di leggere perché ti tengono incollata alla pagine dalla voglia di sapere cosa succederà dopo, però è di sicuro uno di quei libri di cui ti godi ogni singola parola letta. Come ho già detto amo lo stile di Roth, e anche se il tema del romanzo non è uno di quelli che mi vanno più a genio ho letto davvero con piacere questo libro. Come ho detto, Roth è sicuramente un autore che devo approfondire maggiormente!
Curiosità
Sfide
Sfida Nascosta 2013
Sfida grammaticale – Aggettivi, nomi, verbi
La sfida della TBR pile
Tutti diversi
Mini Recensioni
Il giro del mondo in 80 libri
2013 Historical Fiction Reading Challenge
Quick fix Challenge
La sfida dei golosi
Questo libro costituisce la XXVI TAPPA del Giro del mondo in 80 libri: EUROPA, Austria, Vienna
Ecco la cartolina che ho mandato ai partecipanti alla sfida:
Mini recensione in 5 parole
Scheda del libro
Titolo: La Cripta dei Cappuccini
Saga/Serie: Famiglia Von Trotta (2)
Titolo originale: Die Kapuzinergrufi
Genere: storico
Autore: Joseph Roth (biografia)
Nazionalità: austriaca
Anno prima pubblicazione: 1938
Ambientazione: Vienna (Austria), poi Zlotogrod (Polonia), Wiatka (Siberia, Russia) e infine di nuovo Vienna. Dall’aprile 1913 al febbraio 1919.
Personaggi: Francesco Ferdinando Trotta, Joseph Branco, Manes Reisiger, Elisabeth Kovacs
Casa Editrice: Gruppo Editoriale l’Espresso (La Biblioteca di Repubblica – Novecento, 23)
Traduzione: Laura Terreni
Copertina: © Museo Alinari
Pagine: 191
Provenienza: Bancarella dell’usato
Link al libro: IN LETTURA – ANOBII – GOODREADS
inizio lettura: 18 agosto 2013
fine lettura: 12 settembre 2013
Un po’ di frasi
non siamo una famiglia. Sipolje non esiste più, da tempo ormai. Oggi, insieme con parecchi comuni limitrofi, forma un centro più grosso. Si sa, è la volontà dei tempi. Gli uomini non sanno stare soli. Si uniscono in assurdi aggruppamenti, e soli non sanno stare neanche i villaggi. Nascono così entità assurde. I contadini sono attratti dalla città e gli stessi villaggi aspirano per l’appunto a diventare città.
spoiler (pag. 91) | Leggi> |
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s’intendono da sé.
del rumore.
explicit | Leggi> |
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Come sono felice che ti sia piaciuto! Anche io sono rimasta catturata dallo stile di Roth e dalle sue descrizioni della realtà mitteleuropea. Abbiamo anche delle frasi in comune, tra quelle che ci sono piaciute di più :)
Per quanto riguarda i mercatini, anche io amo trovare testimonianze dei precedenti possessori del libro… Danno sempre un’ulteriore chiave di lettura.
Tra l’altro, ti dirò, la grafia di quelle citazioni assomiglia un po’ a una scrittura che ho già visto, ma non riesco proprio a ricordarmi dove :D
Ma dai!!! Pensa se è davvero qualcuno che conosci! Che incredibile coincidenza sarebbe! :)
Ahaha, sarebbe fantastico, senza dubbio! :D