Serie di Adamsberg
L’uomo a rovescio →
Titolo: L’uomo dei cerchi azzurri
Serie: Adamsberg (1)
Titolo originale: L’Homme aux cercles bleus
Genere: poliziesco, noir?
Autore: Fred Vargas, vero nome Frédérique Audouin-Rouzeau (biografia)
Nazionalità: francese
Prima pubblicazione: 1996
Ambientazione: Parigi, XX secolo
Personaggi: il commissario Jean-Baptiste Adamsberg, l’ispettore Adrien Danglard, Mathilde Forestier, Charles Reyer, Clémence Valmont
Casa Editrice: Einaudi – Stile Libero
Traduzione: Yasmina Melaouah
Copertina: © Seth Goldfarb / Photonica / Gettyimages
Pagine: 238
Provenienza: Biblioteca
Link al libro: IN LETTURA – ANOBII – GOODREADS
inizio lettura: 4 giugno 2013
fine lettura: 9 giugno 2013
Victor, malasorte, il domani è alle porte.
L’uomo dei cerchi
Questo è il secondo romanzo di Vargas che leggo, e ancora una volta mi sono lasciata ammaliare dalla sua scrittura e, soprattutto, dai suoi personaggi!
Il commissario Adamsberg è appena stato trasferito a Parigi, e fatica a farsi accettare dai colleghi che fanno commenti sul suo aspetto e sorridono delle sue stranezze. Una di queste è l’ossessione per l’uomo dei cerchi, un misterioso individuo che ogni tanto, di notte, si diverte e tracciare cerchi azzurri col gesso sulla strada, intorno a oggetti casuali trovati per terra. C’è chi lo crede un innocuo esibizionista, chi lo ammira, chi lo disapprova, ma nessuno sembra preoccuparsene troppo, tranne Adamsberg, che lo tiene d’occhio perché percepisce in lui qualcosa di crudele. Purtroppo i fatti gli danno ragione quando, per la prima volta, in un cerchio viene trovato un cadavere.
Il primo libro di Vargas che ho letto (Parti in fretta e non tornare) mi è stato regalato, non sapevo allora che facesse parte di una serie, di cui solo adesso ho finalmente letto il primo romanzo. Be’, peccato davvero non aver iniziato da questo! Avrei potuto scoprire i personaggi proprio come Vargas ha voluto presentarceli, e forse li avrei capiti meglio. Ma pazienza, non mi posso lamentare perché entrambi questi romanzi sono stati bellissime letture.
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La trama, come nell’altro libro, è un giallo che parte da avvenimenti inusuali, non insomma il classico omicidio, che arriva invece assai dopo. C’è questo misterioso uomo che traccia cerchi azzurri sull’asfalto durante la notte, mettendo in evidenza gli oggetti più disparati, sempre diversi e apparentemente con nessun legame tra loro. A questo si aggiungono le vicende personali dei protagonisti, che si intrecciano, a volte anche a sorpresa, e ci portano a dubitare di tutti.
Il giallo in senso stretto ha degli elementi del classico (presentazione dei personaggi tra i quali si nasconde l’omicida, indagini fatte di dialoghi), che a me personalmente fanno sempre piacere, rielaborati secondo lo stile di Vargas, che pure mi piace parecchio.
L’ambientazione è una Parigi un po’ assente, nonostante a causa dei cerchi visitiamo molte vie e quartieri. Non so, forse sono io che non conosco per niente la città (purtroppo) ma non sono riuscita a viverla pienamente, è rimasta anonima tutto il tempo. Ma forse è successo anche perché la storia di per sé mi ha preso così tanto che non sono riuscita a prestare attenzione a nient’altro!
Il segnalibro che ho usato durante la lettura. |
I personaggi, a mio parere, sono la vera forza di questo romanzo, perché sono tutti a loro modo eccezionali. Eccezionali sia in senso stretto, cioè che sono delle eccezioni, sono persone per un verso o per un altro molto particolari o eccentriche, sia perché sono straordinari, hanno tutti almeno un lato che affascina incredibilmente! Il cieco è bello e arrabbiato, Clémence è ingenua e speranzosa, Danglard è intelligente, alcolizzato e vive solo con 5 figli, e Mathilde… Mathilde la adoro in ogni suo aspetto! È il primo personaggio che compare, e fin da subito ha stuzzicato la mia immaginazione questa donna curiosa, spigliata, intelligente e dedita allo “studio” degli esseri umani! Mi è talmente piaciuta che ha forse oscurato un pochino, ai miei occhi, anche il nostro protagonista, il commissario Adamsberg. Lui teoricamente avrei dovuto già conoscerlo avendo letto Parti in fretta e non tornare, ma devo ammettere che ricordavo poco delle sue particolarità se non il fatto che fosse, appunto, eccentrico. È dotato, fin da bambino, della straordinaria capacità di capire subito le persone. Per questo motivo riesce a risolvere così brillantemente tutti i casi che gli vengono affidati e ad essere stimato nella sua professione nonostante le sue stranezze. E sempre per questo motivo il nostro Jean-Baptiste soffre perché sa sempre come si evolveranno le cose, non riesce mai a sorprendersi di nulla. Mathilde è incredibilmente diversa sa lui, eppure quando si conoscono i due sembrano spiriti affini, e infatti lei ha il grande dono di riuscire a sorprenderlo, come per esempio nel colpo di scena in cui gli rivela di essere la madre di Camille, il suo perduto ma mai dimenticato amore. In questo romanzo ci viene presentato a poco a poco, tramite le osservazioni degli altri, le sue riflessioni e i suoi ricordi, e anche tramite il suo modo di indagare. O forse dovrei dire di non indagare, visto che Adamsberg si limita solitamente a scarabocchiare foglie, fare domande che paiono non aver nulla a che fare col caso, e indirizzare alla fine i suoi nella giusta direzione.
Altro personaggio che spicca è Danglard, l’ispettore preferito da Adamsberg. Anche lui diversissimo dal commissario, e a lui leggermente ostile all’inizio, ma molto ammirato da Adamsberg per la sua grande intelligenza e, soprattutto, per il modo in cui lavora, così diverso dal suo. Adamsberg ha bisogno della solidità e della concretezza di Danglard da contrapporre alla sua distrazione, alle sue fantasticherie e ai suoi pensieri vaganti. In più Danglard è interessante anche nella sua vita privata: vive con 5 figli, due coppie di gemelli avuti con la moglie che ora l’ha abbandonato, e gli ha lasciato il quinto figlio avuto dal nuovo compagno. Sono una famiglia a modo loro unita, che ama fare “conciliabolo”, cioè lui racconta loro del suo lavoro, dei colleghi, di Adamsberg, e anche del caso a cui sta lavorando, e loro gli danno consigli.
Lo stile di Vargas, come ho detto, mi piace molto. Adoro i suoi personaggi strambi, la particolarità del caso in analisi e il modo peculiare in cui si dipana l’indagine e si arriva poi alla verità. Ho solo qualche dubbio sul genere a cui ascrivere questo romanzo. Da sempre, da prima di iniziare a leggerla, ho sentito definire i libri di Vargas come noir. Ora, a me onestamente non pare così, per un semplice motivo: le situazioni e i personaggi mi sembrano troppo “particolari” per generare riflessioni sulla realtà, come, stando alla Wikipedia, devono fare i noir.
La copertina è carina ma anonima, francamente non avendo il libro davanti già non me la ricordo più. Il titolo invece è bello, non sembra per nulla quello di un giallo, e sicuramente mette molta curiosità!
Commento generale.
La prima indagine del commissario Adamsberg ha già tutte le caratteristiche per coinvolgere e far innamorare il lettore, o almeno per me è stato così! I personaggi sono sicuramente l’attrattiva maggiore, così ben delineati nelle loro eccentricità, a cominciare dal protagonista. La trama è intrigante e l’elemento giallo affascinante e ben gestito.
Ora più che mai sono curiosa di proseguire con i romanzi di Vargas e scoprire, finalmente, questi famosi Evangelisti (l’altra serie poliziesca dell’autrice) di cui ho tanto sentito parlare!
Curiosità
Ci sono un sacco di amanuensi in questo romanzo! I personaggi si scambiano lettere, e più di una persona scrive una sorta di diario (perfino Adamsberg ci prova!). La cosa mi ha onestamente sorpresa, ma in effetti il libro è del 1996, un tempo non molto lontano dal nostro, eppure assai meno informatizzato di adesso. Ok, questa più che una curiosità è una mia riflessione personale, però leggendo mi ha stupito questo continuo riferirsi alla scrittura a mano, e mi ha ulteriormente meravigliato pensare che se avessi letto questo romanzo quando è uscito non c’avrei trovato invece proprio nulla di strano!
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