di Jack London
Tempo fa ho letto Zanna Bianca, contenuto in questo stesso volume e ora, cogliendo l’occasione di nuovo grazie alla medesima sfida (del protagonista) ho letto anche Il richiamo della foresta, e già che c’ero anche le “altre storie di cani” presenti sullo stesso volume, così ho pensato di postare i commenti in un post unico, anche se comunque separatamente. Il voto è unico perché era la stesso per entrambi.
Il richiamo della foresta
Nel cuore della foresta risuonava un richiamo emozionante, misterioso e attraente e tutte le volte che lo udiva si sentiva costretto a voltare le spalle al fuoco e alla terra battuta che lo circondava, per addentrarsi nella foresta, sempre più avanti, senza sapere dove andava né perché; né si domandava dove o perché il richiamo risuonasse imperiosamente nel cuore della foresta.
(Pagina 83)
California, 1897. Buck è un cane, un bellissimo cane di grossa taglia, un incrocio tra un sanbernardo e un pastore scozzese. Vive beatamente in un ranch, trattato come un re, ma un giorno viene rapito da un servitore e venduto per essere usato nel Nord, come impazza la corsa all’oro, come cane da slitta. Inizia così una vita molto dura per il nostro povero Buck, una vita che però gli permetterà di immergersi nella natura, lì dove il richiamo è più forte.
Questo romanzo di per sé non è male, solo che l’ho trovato veramente molto simile a Zanna Bianca (che è stato scritto dopo ma che io ho letto prima). In realtà si può dire che Zanna Bianca è Il richiamo della foresta al contrario: il primo finiva dove questo inizia (una tenuta di un giudice nella calda California) e iniziava dove questo finisce (nella foresta, nella natura selvaggia), ma nonostante questo sono veramente molto uguali, e per questo motivo ho trovato il romanzo un po’ noioso.
Anche in questo romanzo ho ritrovato, per esempio, l’insistenza di London sull’eredità genetica che secondo lui generazioni di lupi selvaggi hanno lasciato in tutti i cani. Non sapevo se ritenerla una cosa possibile o no che Buck “sapesse” certe cose perché le sapevano i suoi avi. In effetti esistono prove di conoscenze che gli animali hanno come retaggio genetico (penso ad esempio a quegli uccelli o quei pesci che possono compiere lunghe rotte migratorie senza che la generazioni precedente li guidi, arrivando però sempre nel solito punto dove la loro specie è solita andare), ma poi London ha decisamente esagerato, a mio parere, mostrandoci Buck che “ricorda” un tempo in cui giaceva accanto al fuoco con degli uomini primitivi (tra l’altro imprecisamente resi perché ad addomesticare gli animali è stato l’Homo sapiens, fatto esattamente come noi, mentre i suoi uomini primitivi erano molto scimmieschi, stando alla descrizione che ne dà).
E, ancora, non mancano neanche in questo romanzo le bellissime descrizioni dei paesaggi innevati del Nord, che mi hanno fatto un certo effetto lette proprio in questo periodo di grande freddo in cui tutta l’Italia (tra problemi e disagi) si sta riempiendo di bianco, tranne la mia città!!
Ma cerchiamo di tirare un po’ le somme: il romanzo m’è piaciuto o no? Sì. Non posso incolparlo di essere simile a un libro che è stato scritto dopo (li avessi letti ordine avrei allora potuto dare questa colpa a Zanna Bianca, ma ormai!), e poi comunque l’epopea di Buck mi ha coinvolto ed emozionato. Sono d’accordo con Mario Picchi che nell’introduzione dice che Il richiamo della foresta è la rappresentazione della ricerca di amore e libertà. Come può quindi non affascinare almeno un po’? In fin dei conti, non è un po’ quello che cerchiamo tutti?
Copertina e Titolo
Della copertina ho già parlato QUI. Il titolo, strafamoso e stracitato (probabilmente anche inconsapevolmente), a me piace, però come sempre succede quando si tratta appunto di qualcosa di così famoso e conosciuto, non saprei dire se mi piace davvero o se invece è la familiarità a farmi credere così. Fatto sta, comunque, che a London pare non piacesse! Ho letto infatti nell’introduzione che l’autore scrisse al suo editore (dopo che il romanzo era già uscito su rivista): Non mi piace il titolo Il richiamo della foresta. Mi sono lambiccato il cervello per trovarne un altro. Ho proposto: Il lupo che dorme. Be’, mi spiace, ma io ritengo che il titolo proposto da London non sia proprio all’altezza! Non so poi di chi fu la decisione di lasciare anche per la pubblicazione in libro lo stesso titolo, io comunque credo che fu una decisione assai felice! :)
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Scheda del romanzo
Titolo: Il richiamo della foresta
Titolo originale: The Call of the Wild
Anno prima pubblicazione: 1903
Ambientazione: Canada (Klondyke), 1897
Personaggi: Buck, John Thornton
Traduzione: Laura Felici
Pagine: 80
inizio lettura: 3 febbraio 2012
fine lettura: 5 febbraio 2012
Trasposizioni commentate
Ancora nessuna
Un po’ di frasi
[incipit]
Ma non sempre è solo. Quando vengono le lunghe notti invernali e i lupi inseguono la loro preda nelle valli più basse, lo si può vedere correre alla testa del branco nella luce pallida della luna o nel fioco chiarore dell’aurora boreale, balzando gigantesco innanzi ai compagni, la grande gola tonante nel canto del mondo più giovane, il canto del branco.
[explicit]
Altre storie di cani
Una peculiare caratteristica è il loro ululato. Non somiglia a nessun altro suono, di mare o di terra. Quando il gelo si fa mordente e l’aurora boreale solca il cielo coi suoi gelidi fuochi, danno voce nella notte alla loro sofferenza. Malinconico, singhiozzante, sale come un lamento di anime perse e torturate, e quando migliaia di husky ululano in coro, è come se il tetto fosse precipitato, e l’inferno si mostrasse nudo alle stelle.
(“Husky, il cane lupo del Nord” – Pagina 330)
A differenza dei due romanzi contenuti su questo stesso volume, questi quattro racconti sono molto diversi tra loro, e anche abbastanza diversi dai succitati romanzi. Quale più, quale meno, mi sono piaciuti tutti. E’ un po’ improprio però, secondo me, definirli “storie di cani”, perché gli uomini sono anch’essi molto presenti, specie nel primo racconto.
Farsi un fuoco
Brown Wolf
Racconto sicuramente meno drammatico del precedente, ma comunque abbastanza triste. Wolf è il cane di una coppia di coniugi che vive in California. Un giorno torna dal Klondyke (i luoghi sono comunque sempre gli stessi!) il fratello di una loro vicina che riconosce in Wolf il suo cane Brown. A chi appartiene dunque ora davvero quel cane? Alle inospitali foreste del Nord o all’assolata California? A chi l’ha allevato fin da cucciolo per farlo lavorare duramente come cane da slitta, o a chi l’ha accolto e amorevolmente curato senza chiedergli niente in cambio? Alla fine lasceranno la scelta la cane, e lui ovviamente opterà per il Nord!
In questo racconto il cane ha sicuramente un ruolo importante, ma ancora i protagonisti sono gli uomini.
Macchia
Davvero un racconto divertente, che mi ha mostrato un London che non conoscevo!
Husky, il cane lupo del Nord
Scheda dei racconti
Titoli: Farsi un fuoco – Brown Wolf – Macchia – Husky, il cane lupo del Nord
Titoli originali: To Build a Fire – Brown Wolf – That Spot – Husky-Wolf Dog of the North
Anno prima pubblicazione: 1902, ?, 1908, ?
Traduzione: Paola Cabibbo
Pagine: 41
inizio lettura: 6 febbraio 2012
fine lettura: 6 febbraio 2012
Un po’ di frasi
[incipit di “Farsi un fuoco”]
Mentre il crepuscolo avanzava, il cane, vinto dal desiderio di fuoco, cominciò ad agitarsi e a gemere sommessamente, poi afflosciò le orecchie, aspettando il castigo. Ma l’uomo rimase muto. Dopo un po’ il cane si mise a guaire più forte. E dopo un altro po’ strisciò vicino all’uomo e annusò l’odore della morte. Arricciò il pelo e si ritrasse. Sostò ancora qualche minuto, ululando sotto le stelle che tremolavano e danzavano, e brillavano nitode nel cielo gelido. Poi si volse, e si diresse trotterellando verso l’accampamento che ben conosceva, dove c’erano altri procacciatori di cibo, e di fuoco.
[explicit di “Farsi un fuoco”]
Il trotto di Wolf si trasformò in corsa. I balzi erano sempre più lunghi. Non una volta girò la testa, la folta coda da lupo dritta dietro di lui. Tagliò velocemente la curva e scomparve.
[explicit di “Brown Wolf”]
[incipit di “Macchia”]
La notte scorsa Macchia si è infilato nel pollaio di Mr Harvey (il mio vicino di casa) uccidendo diciannove polli di razza. Dovrò risarcirlo. I miei dirimpettai hanno litigato con mia moglie, e si sono trasferiti. Per colpa di Macchia. Ed è per questo che sono deluso di Stephen Mackaye. Non pensavo che fosse una persona così abietta.
[explicit di “Macchia”]
[incipit di “Husky, il cane lupo del Nord”]
E le mogli non acconsentirono a proseguire il viaggio finché il signore le cui poesie erano state lodate da Rossetti non si recò a piedi a investigare personalmente.
[explicit di “Husky, il cane lupo del Nord”]
Scheda del libro
Autore: Jack London, pseudonimo di John Griffith Chaney
Nazionalità: statunitense
Casa Editrice: Newton Compton (Grandi Tascabili Economici – Narrativa)
Copertina: foto © Jeff Vanuga/Corbis
Pagine: 331
Link al libro: ANOBII – GOODREADS
“Il lupo che dorme” è decisamente un titolo brutto e arzigogolato (immagino che si riferisse forse all’istinto di lupo che dorme in Buck finché non viene risvegliato dalle sue esperienze). Meno male che alla fine hanno tenuto “Il richiamo della foresta”, molto più chiaro ad esplicito e anche molto più incisivo.
Sì, penso anch’io si riferisse all’istinto dormiente in Buck! Indubbiamente “Il richiamo della foresta” è molto meglio! Curioso come certi titoli entrati nella storia sono stati magari frutto dle caso! :)