Max Havelaar

ovvero Le aste del caffè della Società di Commercio olandese

di Multatuli

Ma non tutti potevano fuggire. L’uomo il cui cadavere galleggiava al mattino nel fiume, dopo che la sera prima in segreto, timido e titubante, aveva chiesto un’udienza al vice-residente — quell’uomo non aveva più bisogno di fuggire. Forse era stato un atto umanitario averlo sottratto con una morte immediata a qualche tempo ancora di vita. Gli si erano risparmiati i maltrattamenti che lo attendevano al ritorno al villaggio, i colpi di canna che erano la punizione per chi aveva pensato per un istante di non essere una bestia, di non essere un pezzo di legno inanimato o una pietra; la punizione per chi in un momento di follia aveva creduto che nel paese ci fosse giustizia e che il vice-residente avesse l’intenzione e il potere di far rispettare le leggi.

(Pagine 234-5)

Batavus Droogstoppel, sensale del caffè (Last & C., Lauriergracht n. 37), ci racconta come un giorno ha incontrato un vecchio compagno di classe, da lui definito l’Uomo dello Scialle. Questi è piuttosto malmesso, e fa una bruttissima impressione su Droogstoppel, ma per una serie di circostanze il sensale viene in possesso di uno scatolone contenente tutti gli scritti dell’altro, che vorrebbe essere pubblicato. Droogstoppel disapprova poesie e romanzi, ma notando tra gli appunti anche qualche documento riguardante il caffè comincia a interessarsi della cosa, e permette al giovane Stern, un ragazzo ospite in casa sua perché spera di convincere il padre a non fare affari con altri sensali del caffè, di scrivere insieme a lui la storia contenuta negli appunti dello scatolone, la storia di Max Havelaar.

Permettetemi una piccola premessa, prima di iniziare a commentare il libro, per spiegare come e perché l’ho conosciuto. Da anni ormai bazzico il mondo del commercio equo e solidale. Tempo fa ho anche letto e recensito il libro Faremo migliore il mondo di Franz van der Hoff in cui l’autore raccontava come “inventò” il fair trade. Infatti questo tipo di commercio è nato in Olanda proprio grazie agli sforzi di quest’uomo che nel 1988 creò il primo marchio equosolidale, chiamandolo Max Havelaar. E per tanto tempo io mi sono chiesta cosa significassero queste parole (purtroppo non conosco l’olandese!) e soltanto non molto tempo fa, spulciando il catalogo online della Biblioteca, ho scoperto che esisteva un libro con questo titolo. Fatta una veloce ricerchina sul web ho scoperto che si trattava di un romanzo in cui il protagonista lotta contro le ingiustizie di cui erano vittime le popolazioni delle Indie Olandesi. Un nome quindi più che azzeccato quello di questo “eroe” per chi si proponeva di ripercorrere le sue orme di nuovo nel XX secolo!

Il romanzo è raccontato in prima persona da tre narratori. Il primo è Batavus Droogstoppel, sensale del caffè, che fa da cornice alla storia di Havelaar che il secondo narratore, il giovane Stern, inizia a raccontare da un certo punto in poi, alternandosi però sempre con alcuni brani di Droogstoppel. Infine nelle ultime pagine è l’autore che prende la parola, Multatuli in persona, in un’arringa finale rivolta nientepopodimeno che al re Guglielmo.
Droogstoppel è la voce del denaro, dell’avidità, dell’Occidente che si crede padrone del mondo per diritto divino, del cinismo: del commercio, in parole povere (non per nulla è un sensale del caffè, cosa che ripete continuamente ogniqualvolta gli viene data la parola).
Il giovane Stern è la voce del romanticismo, della gioventù ancora piena di ideali, della solidarietà. Rimane toccato dalle parole di Havelaar, dalle sue poesie ma anche dalla sua triste storia, e interviene in maniera molto personale nel racconto, permettendosi anche qualche frecciatina alla Corona olandese, con la scusa di essere tedesco.
Infine Multatuli parla con la sua voce solo per poche pagine, ma per modo di dire, in realtà la sua voce grida potente per tutto il libro non solo perché, ovviamente, ne è lui l’autore, ma anche perché ne è il protagonista. Anche senza leggere tutta la sua biografia, infatti, basta sapere che egli fu funzionario governativo nelle Indie Orientali per capire che Max Havelaar è Multatuli.

La storia di Havelaar inizia quando viene nominato vice-residente del Lebak (che confusione ho fatto per tutto il libro tra reggenti, residenti e vari vice, c’ho messo un bel po’ per chiarirmi le idee!). E’ un uomo buono e onesto, volenteroso e capace, e con tutti mezzi, usando diplomazia, astuzia, generosità e impegno, tenta semplicemente di fare il suo dovere, e far rispettare la legge nel territorio che gli è stato affidato. Purtroppo si scontra contro una tradizione di abusi già perpetrata dai ricchi capi indigeni e felicemente adottata dai funzionari europei. La sua storia non ha quel che si può chiamare un lieto fine: quando finalmente, dopo tanti tentativi andati a vuoto, decide di ricorrere alle maniere forti e denunciare il reggente, ovviamente non trova appoggio da nessuno, e alla fine viene mandato via. Havelaar preferisce allora dimettersi, e torna in Olanda, povero e indebitato.

Il libro quindi finisce tristemente, come tristemente è finita per Multatuli, costretto a tornare, sconfitto, in patria. Però almeno sappiamo che ottenne il risultato sperato quando diceva alla fine, riprendendosi la parola da Sterne e Droogstoppel:
Sì, io sarò letto!
Se raggiungerò questo scopo, allora sarò contento. Ché io non mi sono interessato di scrivere bene. Ho voluto scrivere in modo da essere udito; e come colui che grida «al ladro!» non si preoccupa dello stile con cui si rivolge al pubblico, così a me non interessa affatto in che modo si giudicherà lo stile in cui ho gridato il mio «al ladro!».
(Pagina 338)
Purtroppo molti lettori apprezzarono soltanto il romanzo e non il suo significato, e molti altri, invece, comprendendo bene quest’ultimo, disprezzarono il libro e il suo autore. Ma col passare del tempo Max Havelaar acquistò sempre più importanza, tanto che molti ritengono che fu responsabile del movimento che fece finire il colonialismo olandese in Indonesia (cosa che avvenne solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, però) e diede inizio in generale alla decolonizzazione. Secondo il romanziere indonesiano Pramoedya Ananta Toer, Max Havelaar è il libro che uccise il colonialismo*.
Non per niente, come ho detto all’inizio, il fautore del commercio equo scelse proprio questo nome come simbolo del primo marchio, e, infine, ho letto sulla Wikipedia che nel giugno del 2002 il Max Havelaar è stato proclamato dalla Maatschappij der Nederlandse Letterkunde (Società della Letteratura Neerlandese) la più importante opera letteraria olandese di tutti i tempi. Alla buon’ora!
Mi accorgo solo ora che nella foga di spiegare l’importanza di questo libro non ho ancora realmente commentato questa lettura! Be’, dal voto si sarà comunque intuito che il libro mi è piaciuto! C’ho messo un bel po’ di tempo a leggerlo, non posso negarlo, alcune parti non scorrevano molto velocemente, e per un po’ non si capiva bene dove volesse andare a parare la storia di Max Havelaar. Ma è stata indubbiamente una bella lettura, anche a prescindere dal suo importantissimo significato. Nella frase che ho riportato poco su Multatuli dice che non gli interessava scrivere bene, ma il fatto è che il suo stile a me è piaciuto molto, ogni tanto c’erano brani molto ironici e divertenti, e i vari aneddoti sulla vita nelle Indie erano ben dosati e ben inseriti.
Insomma, un bel romanzo, un bel libro, un bell’insegnamento.
L’Autore
La biografia di Multatuli la trovate come sempre linkata in QUESTA pagina, qui vorrei spendere solo due parole sul suo nome. Multatuli è il nome d’arte di Eduard Douwes Dekker, e deriva dalle parole latine multa tuli, che significano “molto soffersi”. La scelta di questo pseudonimo non fu dettata (come il tema di denuncia del romanzo potrebbe far pensare) per nascondere la sua identità, ma per indicare che la sua opera era frutto di una sua reale esperienza, per spiegare che lui non sta solo raccontando una storia, ma condividendo una sofferenza che ha patito sulla sua pelle.

[Informazioni tratte dall’Introduzione di Piero Bernardini Marzolla]

Questo libro costituisce la XXIV TAPPA del Giro del mondo in 80 libri: EUROPA, Olanda, Amsterdam
Ecco la cartolina che ho mandato ai partecipanti alla sfida:

Dammi 4 parole

Mai stanco di lottare

Scheda del libro

Titolo: Max Havelaar
Sottotitolo: ovvero Le aste del caffè della Società di Commercio olandese
Titolo originale: Max Havelaar, of de Koffij-veilingen der Nederlandsche Handelmaatschappij
Autore: Multatuli, vero nome Eduard Douwes Dekker (Il sito del Museo Multatuli ad Amsterdam)
Nazionalità: olandese
Anno prima pubblicazione: 1860
Ambientazione: Olanda e Giava, XIX secolo
Personaggi: Max Havelaar, Batavus Doorstoppel, Sjaalman (l’Uomo dello Scialle), Ernest Stern
Casa Editrice: UTET
Traduzione: Piero Bernardini Marzolla
Pagine: 340
Link al libro: ANOBII
inizio lettura: 8 novembre 2011
fine lettura: 12 gennaio 2012

Segnalibri: quello che ho usato durante la lettura (qui a destra) è stato realizzato da Elena Acquerello, che me l’ha regalato in occasione dello scambio di Segnalibri@Tema di GIUGNO 2010 (tema: PAESI E CULTURE) nel gruppo Readers Challenge; l’ho scelto perché era dedicato all’Olanda, Paese natale di Multatuli.

Un po’ di frasi

Faccio il sensale nel ramo del caffè, e abito in Lauriergracht n. 37. Non è mia abitudine scrivere romanzi o cose del genere, e c’è anche voluto un bel po’ prima che mi decidessi a ordinare un paio di risme di carta extra per stendere quest’opera che tu, caro lettore, hai appena preso in mano e devi leggere, se fai il sensale di caffè, o anche se fai qualcos’altro.
[incipit]
A chi mi chiedesse se la gente che lavora nelle piantagioni riceve un compenso proporzionato al raccolto, io dovrei rispondere di no.
(Pagina 69)
Soltanto coloro che amano l’ingiustizia perché vivono dell’ingiustizia dicono che non c’è nulla d’ingiusto; e questo per divertirsi a farti passare per un Don Chisciotte, e al tempo stesso per continuare a far girare i mulini a vento.
Max Havelaar
(Pagina 132)
Ma non parlerò di formiche, la cui gioia o dolore sfugge alla nostra percezione, data la rozzezza dei nostri sensi.
(Pagine 257-8)
La mia fiducia in un po’ di comprensione per i giavanesi non arriva però al punto che io, nel descrivere come si ruba l’ultimo bufalo dalla stalla, in pieno giorno, senza pudore, sotto la protezione delle autorità olandesi, quando faccio seguire dal proprietario e dai suoi figli in lacrime il bovino trafugato, quando presento il proprietario seduto sulle scale della casa del predone, muto, stravolto, affranto, quando lo faccio scacciare di lì con scherno e ingiurie, con minacce di frustate e di prigione — ecco, io non pretendo, io non mi aspetto che voi vi commoviate come se descrivessi la sorte di un colono olandese a cui rubano la sua mucca. Io non chiedo lacrime per le lacrime che rigano quei volti così scuri, né nobile sdegno quando parlerò della disperazione del derubato. Né mi aspetto che voi vi alziate e col mio libro in mano andiate da re e gli diciate: «Guarda, re, questo succede nel tuo regno, nel tuo bel regno d’Insulindia!»…
No, non mi aspetto nulla di tutto questo. Troppe preoccupazioni domestiche tengono occupata la vostra sensibilità, perché voi possiate riservare tanta sensibilità a cose così lontane! Forse non c’era ieri fiacca alla borsa, e forse un eccesso di offerta non rischia di far ribassare il prezzo del caffè?…
(Pagine 258 e 259)
E poi quella tirata sui bufali. Che bisogno hanno di bufali quei negri? Io non ho mai avuto un bufalo e sono contento lo stesso. E’ gente che si lamenta sempre.
Batavus Droogstoppel
(Pagina 260)
Invece di accettare ciò che dice la Bibbia (come pur si dovrebbe fare, giacché nella Bibbia stessa è scritto che bisogna essere credenti), [Frits] rivolge ogni sorta di domande: «Che luce c’era prima del sole? — […] Dov’era la polizia quando Pietro fece cadere fulminati Anania e Saffira? — Perché [Gesù] fu così sgarbato con sua madre che lo cercava? — Ci fu un processo per risarcire il danno di quei maiali spinti nell’acqua? — A che servivano i maiali in un paese dov’era proibito mangiare carne di maiale? — Che cosa avveniva dell’eredità della gente che risuscitava? — […] Come fece Noè a trovare una coppia di orsi polari per l’arca? — Da dove venivano gli uomini che non potevano uccidere Caino?»
Batavus Droogstoppel
(Pagina 263)
E infatti era inconcepibile, per il signor Slijmering, che qualcuno da solo, sotto la propria responsabilità e senza lunghe meditazioni e «consultazioni», avesse potuto permettersi di compiere in maniera così inaudita il propri dovere.
Lo stupore del residente Slijmering di fronte all’onestà di Havelaar
(Pagina 317)
No, non ce ne sarà bisogno! Ché a Te io dedico il mio libro, Guglielmo III, re, granduca, principe… e più che principe e granduca e re, imperatore di quello splendido impero d’Insulindia che si snoda laggiù intorno all’equatore come una cintura di smeraldi!
A Te chiedo fiducioso se davvero la Tua imperiale volontà è questa: che gli Havelaar vengano inzaccherati dal fango degli Slijmering e dei Droogstoppel, e che laggiù più di trenta milioni di Tuoi sudditi vengano maltrattai e sfruttati in Tuo nome…
[explicit]


* Fonti: Wikipedia, che a sua volta cita Pramoedya Ananta Toer (1999). “The book that killed colonialism” (Il libro che uccise il colonialismo). The New York Times Magazine. April 18: 112-114.

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