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Spesso sostengo lunghe conversazioni con me stesso,
e sono così intelligente che alle volte non capisco
nemmeno una parola di quanto mi dico.
(Oscar Wilde, “Il razzo straordinario”)



23 giugno 2004

— Uffa. Sono triste.

— Ma dài! Dici sempre che di calcio non te ne frega niente, e adesso ti fai abbattere da un risultato?

— Sì, è vero, dico sempre che di calcio non me ne frega niente, ma se ricordi è sempre per aggiungere che però quando gioca l’Italia ci tengo!

— Sì, va bene, ho capito! Anche a me dispiace. Ma non mi sembra il caso di farne un dramma!

— Ma io non ne sto facendo un dramma! È solo che ho avuto una giornata di merda, se avessimo passato il turno mi si sarebbe risollevata un po’!

— Ma che giornata di merda? Non hai fatto un cazzo tutto il giorno!

— Appunto! E poi comunque “giornata di merda” non vuol dire per forza che è successo qualcosa di brutto. È solo che oggi mi sento un po’ giù. Di una tristezza infinita, e essere fuori dagli europei non mi aiuta.

— E perché ti senti giù?

— Perché sì e basta! Ci deve essere per forza un motivo?

— Di solito, sì. A meno che non sei psicolabile.

— Io non sono psicolabile, però oggi mi sentivo triste senza un perché, va bene?

— Va bene, non ti scaldare. Comunque, che non sei psicolabile non ci metterei la mano sul fuoco. Te ne stai qui a parlare fra te e te.

— Mhm, non hai tutti i torti. Forse dovrei smetterla, che dici?

— Sì, io dico di sì.

 

 

 

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