Incontro con Erri De Luca

I libri sono una grandissima passione, e quando leggo un romanzo che mi piace si crea con l’autore una sorta di rapporto unilaterale fatto di affetto virtuale a distanza. Quindi quando mi si presenta l’occasione poter incontrare qualche autore dal vivo, non me la faccio scappare! E negli anni mi è successo diverse volte. Ecco allora che è nata questa rubrica!
[L’immagine della mano che firma proviene da ClipArtDude.]

Dopo qualche anno di assenza, finalmente lunedì sono tornata ad assistere uno degli incontri nell’ambito della manifestazione Libri sulla Cresta dell’Onda. Gli anni passati ero andata a vedere Luciano De Crescenzo, Dominique Lapierre, Ammaniti, Manzini e De Cataldo, e quest’anno proprio non potevo non mancare, c’era Erri De Luca! :)

E’ stato un incontro, com’era prevedibile, bellissimo! Come avevo sentito dire è davvero una bella persona, così alla mano, simpatico, una gioia per le orecchie il suo modo di parlare proprio uguale a come scrive (a parte l’accento napoletano!).
Ho preso qualche appunto sul cellulare, per poter fare un resoconto un po’ più dettagliato, ma mi sono accorta che mi ricordo ancora molto bene quello che ha detto, quindi tra i miei ricordi e gli appunti rischio di scrivere proprio tanto!!! Va bè, chiedo scusa già in anticipo!

Un angelo con la vuvuzela, parte dello scenario sul palcoErri ha esordito spiegando l’origine del suo nome, derivato da una nonna americana che aveva dato ai figli tutti nomi americani, e lui aveva il nome di uno zio, Harry, che poi ha preferito italianizzare scrivendolo così come si legge. Gli americani sono sempre stati molto presenti nella sua vita, non solo per via di questa nonna, ma anche perché nella sua infanzia (negli anni ’50) Napoli era piena di militari americani. Il suo “quartino” americano è emerso in superficie facendolo sentire sempre un “estraneo” a Napoli, per questo è andato via.

Il presentatore della serata gli ha chiesto del suo interesse per le Sacre Scritture pur ritenendosi un non credente, e Erri ha prima di tutto spiegato cosa intende lui per “non credente”: a differenza dell’ateo, il non credente esclude la divinità dalla sua vita, ma non da quella degli altri. L’ateo invece ha preso una decisone ferma, ed è convinto che tutti gli altri siano in torto, un po’ come gli integralisti religiosi. Credente e non credente hanno in comune la forma di participio presente che indica una cosa sempre in itinere, sempre messa in discussione.
Infine, per rispondere più precisamente alla domanda, ha detto che la lettura di un testo sacro non c’entra molto con la fede, altrimenti gli analfabeti ne sarebbero esclusi, e non è assolutamente così.

La facciata dell'AnnunziataHa parlato un po’ di tutto in questa serata, ma tecnicamente era venuto a parlare del suo libro Il peso della farfalla. Poiché è ambientato in montagna, il presentatore ha colto l’occasione per chiedergli del suo rapporto con le arrampicate. Erri ha detto che spesso la gente si stupisce che una persona nata a Napoli ami tanto le montagne, e la sua risposta solita in questi casi è: gli svizzeri hanno vinto la coppa del mondo di vela, lasciate che qualche napoletano scali le montagne! :) La montagna gli piace perché fa regredire, nell’arrampicata si torna a camminare a quattro zampe, anche se in verticale. Anche dalle nostre parti (l’incontro si è tenuto a Gaeta, nella bellissima cornice della Chiesa dell’Annunziata) ci sono bellissime arrampicate che lui ha fatto più volte, e io mi vergogno moltissimo nell’ammettere che non conoscevo, ad esempio la Grotta dell’Arenauta.

Altra domanda, sulla natura, ovvero cosa ne pensa dello sfruttamento che ne sta facendo l’uomo, e cosa prevede per il futuro da questo punto di vista: Erri ha preferito non rispondere, non ritenendosi un esperto su questo argomento, e spiegando che non è per conoscere le sue opinioni che le persone erano venute lì quella sera (tra l’altro, c’era veramente tanta, ma proprio tanta gente!!!).

Un altro suggestivo scorcio dell'AnnunziataAllora la domanda successiva è stata sui libri, e il suo rapporto con loro. Erri è cresciuto in mezzo ai libri, proprio in senso letterale, perché dalle distruzioni della guerra i genitori avevano salvato solo i libri, e nella piccola casa che avevano trovato occupavano un’intera stanza, che lui era “costretto” a dividere con loro. Questo come lettore. Come scrittore, Erri dice non sapere, sinceramente, perché quello che scrive piace anche ad altre persone, lui scrive essenzialmente per sé, e questa cosa non se l’è ancora mai spiegata! ;)
Ha raccontato poi dei suoi approcci con la scrittura, cioè quando ha capito che poteva essere quella la sua strada (cosa che, mi ha detto mia cugina che mi ha accompagnato, racconta ne Il giorno prima della felicità – io non l’ho ancora letto): la scoperta, alle medie, della penna biro. Alle elementari aveva il pennino con il calamaio, e scrivere era una gran rottura! Finalmente con la semplicità della penna biro ha capito che sì, si poteva fare! ;)
Altra domanda, sempre inerente al tema: «quando scrivi pensi a chi ti leggerà?». Risposta laconica di Erri: no. «Prediligi uno stile narrativo?»- No, come esce esce. Però ha ammesso di sentirsi più a suo agio con la prosa che con la poesia. Quando scrive in versi, lima, aggiusta, cambia, rivede, e alla fine pensa che poteva scriverli meglio. Invece con la prosa, quando ha finito, sa che quella è la cosa migliore che poteva scrivere, che non poteva fare meglio di così. Comunque, nonostante questo, si è cimentato spesso con la poesia, perché a volte certe si possono dire solo così, come dice lui, in forma di telegramma. Ha citato allora a memoria una sua poesia che non so dove si possa trovare (peccato perché era molto bella!) intitolata “Una nota su Ernesto”, dedicata a Che Guevara.
Poi, su invito del presentatore, ha letto la splendida poesia “Valore” (da Opera sull’acqua e altre poesie).

ErriAltra chiacchierata, prendendo spunto dal sito francese dedicato a Erri, e da un’intervista lì riportata, il presentatore gli ha chiesto cosa significa per lui la parola Napoli. Erri allora è partito dai greci che, arrivando sulle rive campane, decidono di fondare una nuova città e, dopo aver inventato tutti quei nomi per paesi, monti, eroi, dèi, hanno esaurito la fantasia e la chiamano Neàpolis, che significa “città nuova”. Che banalità! A causa di questo nome così comune, i napoletani hanno voluto rendersi unici al mondo, e ci sono riusciti.

Ultima domanda del presentatore, riguardo ai premi letterari: come mai in Italia rifiuta di partecipare, mentre all’estero, soprattutto in Francia, partecipa e ne vince molti. Sull’Italia, prevedibilmente, ha da criticare il modo in cui sono gestiti questi premi. Sull’estero, ha detto, non ha giurisdizione, quindi se qualcuno decide non solo di tradurre i suoi libri, ma anche si farli partecipare a un concorso e addirittura premiarlo, lui non ci può fare nulla! ;)
In quanto poi a questo suo successo d’oltralpe, ritiene sia tutto merito della sua traduttrice.

A questo punto è arrivato il momento delle domande del pubblico che, mi spiace dirlo, è sempre un momento che mi annoia molto, perché le persone amano usare questo momento per fare loro osservazioni sui più svariati argomenti, invece di chiedere cose all’ospite della serata. Per fortuna però qualche domanda non inutile è uscita fuori lo stesso, e comunque Erri è sempre stato in grado di rispondere (anche quando la domanda non c’era) e risultare interessante!
Per esempio s’è parlato di nostalgia (Erri non l’ha), di Morso di luna nuova (che tra gennaio e febbraio daranno al Piccolo Eliseo, e andrò sicuramente a vedere, anche se è fuori dal mio abbonamento!), di Una nuvola come tappeto (la lingua è un patto che deve avere responsabilità di quello che sta dicendo), ancora di Napoli (i napoletani hanno un sistema nervoso accordato un’ottava sopra rispetto a quello degli altri italiani).
More about ChisciottimistaPoi, in particolare, si è parlato di indifferenza: per Erri è l’incapacità di vedere la differenza tra realtà e finzione. E qui è venuto fuori don Chisciotte: anche lui non vedeva questa differenza, ma era sempre coinvolto. E di nuovo ha citato una poesia a memoria, stavolta non sia, ma di Hikmet (come fa ad avere tutta questa memoria?!?) che definiva Chisciotte “il cavaliere invincibile degli assetati”. Invincibile perché non si lascia mai vincere, quindi non è mai veramente sconfitto. Questo accenno a don Chisciotte mi ha fatto particolarmente piacere per tre motivi: 1) era molto bello! 2) il 23 agosto inizia un gruppo di lettura a cui sono iscritta proprio su questo libro e 3) come sempre c’era una bancarella con alcuni libri di Erri da comprare, prima che iniziasse la serata c’ho dato un’occhiata, ma mi ero ripromessa di rimanere indifferente, perché non posso proprio più fare acquisti nuovi per un po’… però c’era questo libro piccolissimo (quello qui a destra) dall’irresistibile titolo donchisciottesco, non ho potuto resistere e l’ho preso!

L'autografo di ErriAlla fine, come sempre negli incontri di questa manifestazione, Erri ha firmato libri. Poverino, ce n’erano veramente tantissimi!!! Comunque, ovviamente anch’io mi sono fiondata, e mi sono fatta firmare In alto a sinistra!

Insomma, una serata veramente splendida, di cui ho sicuramente tralasciato di raccontare un sacco di cose (ma mi sembra i aver parlato anche troppo!!), perché per esempio s’è parlato di guerra, della crisi delle emergenze, della degradazione che subiamo oggi da cittadino a cliente, della trinità laica libertà, uguaglianza, fraternità che stiamo dissipando, delle costruzioni che separano, come i muri, e di quelle che uniscono, come il ponte, che è un’opera edilizia cordiale…
Unica pecca della serata: un intervento di un gruppo politico locale che aveva qualcosa da contestare a Erri, e ha portato uno striscione rivolto verso di lui, e gli ha gridato “Vergogna!”. Sinceramente non ho proprio capito cosa volessero, neanche quando mi sono fatta dire da chi è riuscito a leggerlo cosa c’era scritto sullo striscione: “Erri De Luca scrittore della repressione”. Mah.

8 pensieri riguardo “Incontro con Erri De Luca

    1. Scusa, non so perché i tuoi commenti erano finiti tra gli spam, li ho visti oggi e ho approvato questo che era il più completo.
      L’affermazione che tu dici è di Erri De Luca, uno scrittore, ma non sta in un libro, l’ha detta lui ad un incontro con l’autore a cui ho partecipato. Io invece sono abbastanza d’accordo con lui, per definizione un ateo non è che semplicemente non crede in dio ma nega proprio la sua esistenza, e quindi di conseguenza sostiene che i credenti siano in torto. Più che altro possiamo dire che la sua definizione di “non credente” è molto personale, perché in realtà non credente e ateo sono proprio sinonimi, mentre lui dà alla parola una sfumatura diversa che personalmente trovo interessante.

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