Solo vivendo sul limitare della morte si può comprendere l’indescrivibile gioia della vita.
Mariko
Nell’aprile del 1600 John Blackthorne, pilota maggiore inglese dell’Erasmus, una nave olandese, dopo un viaggio faticoso e pericoloso, fa naufragio su una costa del Giappone. Lui e i suoi pochi compagni rimasti in vita verranno subito imprigionati. Qualcuno però intuirà che questi nuovi barbari così diversi dai portoghesi a cui sono ormai abituati, potrebbero essere utili, in particolare proprio il pilota. Così Blackthorne si troverà poco dopo separato dal suo equipaggio, e dovrà pian piano abituarsi alla cultura giapponese, in cui si troverà totalmente immerso. Ad aiutarlo in questo ci sarà Mariko, una giapponese convertita al cristianesimo, in grado di parlare sia portoghese che latino.
Ben presto Blackthorne, ribattezzato Anjin-san, scoprirà molti lati positivi nel modo di vivere dei giapponesi, pur non riuscendo ad accettare la crudeltà di certi suoi aspetti.
Il segnalibro che ho usato durante la lettura; è stato realizzato da me. |
Wow! Che bel romanzone!!! Mi ha conquistato dalla prima all’ultima pagina!!! Un affresco del Giappone feudale del XVII secolo, incredibilmente affascinate ed emozionante! Ho letto poco sul e del Giappone, ma credo che se anche leggessi di più, continuerebbe a stupirmi. Questo libro è stato una continua scoperta di usanze meravigliose e orribili, personaggi glaciali e passionali, luoghi bellissimi e invivibili. Come Blackthorne mi sono lasciata ammaliare dalla pulizia, l’ordine, la poesia, il wa, ma anche dalla lealtà, il coraggio, la fermezza… vorrei, come l’Anjin-san, acquisire tutti gli aspetti più positivi della cultura nipponica! Per esempio il concetto del karma: fare tutto il possibile per riuscire al meglio, ma poi accettare quello che viene. Se qualcosa va storto… karma, ne? Ma soprattutto mi è piaciuta moltissimo l’idea di riuscire a “imparare a bere il cha da una tazza vuota”… troppo complesso per spiegarlo qui, anche perché non sono sicura di averlo compreso appieno, ma molto molto affascinante!
L’intreccio poi è costruito in maniera egregia, con colpi di scena, storie d’amore, violenza, intrighi, poesia, e personaggi di tutti i tipi.
L’Anjin-san fin da subito ha catturato la mia attenzione, è un gran bel personaggio, intelligente, coraggioso e intraprendente, è stato il primo tra i suoi compagni a cercare fin da subito di adattarsi, di capire la lingua, anche quando odiava tutto del Giappone!
Ma anche tanti altri personaggi mi sono rimasti impressi a fine lettura. Mariko, sicuramente, una donna straordinaria! E l’odiatissimo Yabu, a cui, come Blackthorne, non ho potuto perdonare la tortura inferta a uno dei marinai all’inizio del libro, solo per divertimento, per non parlare poi del tradimento nella notte dell’attacco dei ninja. Ma anche Fujiko mi è piaciuta molto, pur non comparendo molto spesso. E Gyoko-san, altro personaggio minore estremamente interessante, che sa sempre tutto di tutti, e ha l’idea geniale di “inventare” le gheishe. Anche tra i portoghesi c’erano personaggi interessanti, come Padre Alvito e Rodrigues.
Ma su tutti questi personaggi più o meno importanti, spicca quello che (c’ho messo un po’ a capirlo!) è il vero protagonista del romanzo: Yoshi Toranaga-noh-Minowara. È un uomo incredibile, grande in tutto quello che fa! Specie nel manipolare le persone e servirsi di loro, grazie alla sua enorme lungimiranza e alla sua capacità di prevedere ogni cosa, anche le più semplici azioni, studiando approfonditamente tutte le persone che lo circondano. Sembra davvero avere sempre tutto sotto controllo. Imbroglia e inganna chiunque, ma nessuno può ingannare lui. Tiene banco per tutto il libro, gestendo persone e situazioni come pedine di una partita a scacchi. È molto avaro, ma all’occorrenza è capace di non badare a spese e sprecare uomini e risorse, se servono ai suoi scopi. Non si ferma davanti a niente, è capace di mandare a morte chiunque, ma non è insensibile, ha anche lui degli affetti, dei dolori, dei desideri…
Il finale del libro è qualcosa di superbo. Toranaga si prepara, alla fine, alla guerra che ha sempre cercato di evitare. E ripercorre mentalmente tutti i suoi piani passati, e così vengono svelati a noi lettori i retroscena insospettabili di molte delle vicende del romanzo, come il fatto che il capovillaggio Mura in realtà è un samurai, che finge soltanto di collaborare con i cristiani ma è sempre stato al servizio di Toranaga, o come il suo proposito di uccidere l’Erede e diventare Shogun, nonostante per tutto il tempo avesse continuato a ribadire il contrario. Non che quest’ultima cosa fosse proprio inimmaginabile: il romanzo si intitola Shogun, non era possibile che questo Shogun non ci fosse! ;) Quello che mi ha stupito di più infatti è stato scoprire che ha intenzione di distruggere la nave dell’Anjin-san una volta costruita, e continuare a distruggere tutte quelle che costruirà, anno dopo anno, per proteggerlo, per tenersi buoni i preti, ma soprattutto perché ha bisogno di un amico.
In fondo, anche il grande Yoshi Toranaga-noh-Minowara, signore del Kwanto, ex capo dei reggenti, futuro Shogun del Giappone, è un essere umano.
Il segnalibro dedicato al libro che ho fatto a lettura finita, con la frase che mi ha colpito di più. |
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