il dio delle piccole cose

di Arundhati Roy


[Lui] avvolse la sua paura dentro una rosa dalla forma perfetta. La sollevò nel palmo della mano. Lei la prese e se a mise nei capelli.

(Pagina 355)

Possiedo questo libro da una decina d’anni, e l’avevo in wishlist da molto prima, quindi non ricordo perché volevo leggerlo. Posso immaginare che di sicuro ne avevo sentito parlare molto bene, perché è un libro davvero bellissimo.

Estha e Rahel sono due gemelli dizigotici che si riuniscono dopo essere stati separati per 23 anni. Da qui parte una serie di flashback che saltando in continuazione avanti e indietro nel tempo ricostruiscono gli eventi che hanno portato alla Tragedia che ha separato fratello e sorella.

Ero davvero curiosa di scoprire cosa mi riservasse questo libro di cui sapevo davvero molto poco, e devo dire che ha superato ogni possibile aspettativa!

God of small things by Joseph Dsilva

Il romanzo inizia con Rahel che torna nella casa natale per vedere il fratello Estha, anche lui appena tornato. I due sono stati separati per più di vent’anni dopo che è accaduto qualcosa di terribile durante la loro infanzia. La trama ruota tutta intorno a questo evento, piano piano ogni tanto esce fuori qualche informazione in più. Sappiamo che è morta una bambina, ma c’è stata anche un’altra morte, ma soprattutto molte vite sono virtualmente finite quel giorno. Estha per esempio ha smesso di parlare, mentre Rahel non riesce più a stare in contatto con le sue emozioni. Pagina dopo pagina si comincia ad intuire la natura della Tragedia, e tutti i pezzi del puzzle si uniscono insieme, e capiamo perché, come era stato detto un paio di volte, in poche ore si è consumato il dramma, il Terrore, e tante vite sono state rovinate.

Il finale forse mi ha lasciata un pochino insoddisfatta, perché non c’è una vera e propria fine, semplicemente alla fine del libro arriviamo a sapere tutta la storia, ma è tutto già successo prima, quindi in un certo senso l’epilogo l’avevamo già letto molte pagine prima.

Kathakali by Purnendu Singh
Il kathakali è una danza tipica del Kerala che racconta delle storie epiche indù. Le maschere, gli abiti e i trucchi così sgargianti degli artisti di kathakali sono estremamente caratteristici tanto che Chacko, il fratello di Ammu, ha deciso di usarne uno come simbolo delle Conserve Paradiso, l’azienda di famiglia.

L’ambientazione è molto ben fatta. Fisicamente non c’è mai una vera e propria descrizione dell’ambiente, ma solo tanti piccoli particolari, che spesso entrano anche nella storia, che permettono di immaginarsi vividamente cose e persone. Il villaggio di Ayemenen (cittadina realmente esistente nel Kerala, nella costa sud-ovest dell’India, città natale di Roy) ci diventa sempre più familiare leggendo, cominciamo a conoscerne la natura ancora così selvaggia e invadente, la topografia vista dagli occhi dei gemelli che la conoscono bene, e ovviamente la fauna umana, la famiglia in primis ma anche qualche altro sporadico abitante.

Temporalmente ci troviamo per la maggior parte del tempo su due ben precise linee temporali. Il presente, primi anni novanta, 1992 credo (la wikipedia dice ’93 ma non mi tornano i conti), quando Rahel torna ad Ayemenen per rivedere il fratello Estha. Il passato è il 1969, lo sappiamo per certo perché ad un certo punto viene detto che lo sbarco sulla Luna c’era stato pochi mesi prima. Poi ci sono alcuni ulteriori flashback che scandagliando la vita di alcuni personaggi arrivando anche a parecchi anni prima.

Soprattutto però l’ambientazione che più di tutte permea le pagine di questo libro è quella culturale. le caste in India erano state abolite, ma molti personaggi ancora ricordano quando erano legge, quando gli Intoccabili non potevano coprirsi la parte superiore del corpo, dovevano camminare all’indietro e spazzare il terreno che avevano calpestato perché a un Toccabile non capitasse per sbaglio di mettere il piede su una loro impronta. Nel 1969 le differenze di casta comunque non sono scomparse, anzi, è anche su questo che si basa la Tragedia: la serie di eventi che rapidamente porterà all’epilogo viene innescata dalla scoperta della relazione di Ammu, la madre del gemelli, con Velutha, un Intoccabile.

The God of Small Things
by carmencarmesi

I personaggi sono svariati. Nel passato i protagonisti sono Rahel e Estha, i gemelli, dizigotici ma come se fossero una cosa sola, un “Noi” senza tu ed io, una sola entità. Questo concetto ci viene detto fin da subito, e l’idea che i due sono stati separati per più di vent’anni, quest’unica cosa che è stata divisa a metà, ci sembra ancora più straziante.

Alcuni personaggi compaiono poco ma vengono nominati così spesso che quasi sembrano presenti in tutto il romanzo, come Sophie Mol, realizzando in un certo senso quello che temevano i gemelli, che sarebbe stata amata più di loro. Altri vanno e vengono, sembrano secondari ma anche per loro c’è spazio per un approfondimento, per una sbirciatina nella loro biografia. E quando la Tragedia così lungamente annunciata alla fine arriva si vorrebbero dare delle colpe a qualcuno di loro, eppure non si può trovare qualcuno su cui davvero puntare il dito, la narratrice stessa conviene che sono tutti un po’ vittime: delle circostanze, della cultura millenaria, del condizionamento subito tutta la vita. L’unica cosa sicura è che gli unici veramente innocenti sono anche gli unici che vengono puniti.

Nel presente sembra che tutti gli “antagonisti” della vicenda (per esempio Baby Kochamma, il Compagno K.N.M. Pillai) abbiano prosperato, mentre i protagonisti non ci sono più. Molti sono morti, o emigrati. Rahel e Estha ci sono, Rahel in particolare sembra la protagonista di questa linea temporale perché vediamo tutto coi suoi occhi, ci muoviamo con lei. Eppure mi ha colpito il fatto che sia che lei che il fratello, indubbiamente protagonisti, guide e portavoce della storia del passato, nel presente sembrano assenti, non spiccano proprio come personaggi, appaiono spenti, svaniscono nei luoghi della loro infanzia, e nei ricordi. Ma è logico che sia così, perché in effetti anche se non sono morti loro hanno smesso di vivere dopo quella giornata tremenda, dopo la Tragedia. L’autrice lo specifica fin dalle primissime pagine: Rahel e Estha sono vitalmente morituri.

Il segnalibro che ho usato durante la lettura è stato realizzato da me, ispirandomi a uno che mi era stato regalato (anche quello fatto a mano, ma venuto molto meglio).

Lo stile di Arundhati Roy è eccezionale. Avevo sentito parlare della ricchezza del suo linguaggio, e fin dall’inizio mi è apparso subito chiaro quanto vera fosse questa affermazione. Un po’ mi spiace non aver letto questo libro in inglese, ma forse l’avrei trovato faticoso proprio per questo suo modo bellissimo e originale di gestire le parole. Come spesso mi succede quando un libro che mi rimane dentro in particolare anche per lo stile dell’autore, mi ritrovo a scrivere la recensione facendomi un pochino influenzale, per esempio m’è venuto spontaneo usare le Maiuscole come faceva lei. Ho trovato lo stile di Roy talmente incisivo che a volte leggendo certe frasi mi sembrava di sentirle pronunciare con la sua voce, anche se in realtà io non l’ho mai sentita parlare. Non so se riesco a spiegarmi però certe frasi nella mia mente avevano una certa intonazione come se avessi la certezza che andava pronunciata così, come davvero l’avessi sentita.

La bravura di questa autrice non sta però solo nella maestria con cui sa usare le parole, ma anche nello stile narrativo. Per certi versi mi ha fatto pensare un po’ a Isabel Allende perché anche nei suoi romanzi ricordo gli “spoiler” disseminati nel testo, quando ti anticipa un evento che avverrà molto anni e pagine dopo. Ma Roy complica ancora di più le cose, andando continuamente avanti indietro con la storia, inserendo flashback dentro flashback, raccontando tutta la vita di una persona o solo un pomeriggio, costruendo pian piano i prodromi della Tragedia, continuando a dare sempre nuove informazioni senza però mai chiarire davvero cosa è successo, facendo intuire, facendoci in effetti capire tutto, ma rivelandolo solo alla fine. Anche solo per questo leggere questo libro è stata un’esperienza davvero affascinante!

Commento generale.

Se dovessi riassumere in poche parole questo romanzo direi che racconta una piccola storia fatta di piccole cose, abbracciando però un variegato ventaglio di temi universali come la famiglia, la condizione femminile, maltrattamenti, ingiustizie sociali, la vita, la morte, e l’amore. Una storia coinvolgente, dolorosa, raccontata con uno stile magnifico e immaginifico che mi ha colpito tantissimo, e già mi manca.

Un’esperienza di lettura meravigliosa!

I demoni della storia tornarono a reclamarli. A riavvolgerli nella vecchia pelle sfregiata della storia e a ricacciarli nelle loro vere vite. Dove le Leggi dell’Amore stabiliscono chi deve essere amato. E come. E quanto.
(Pagina 190)

God Of Small Things by ChibiDemon33
Copertina e titolo

La copertina di questa mia edizione è molto bella, anche se forse poco fantasiosa con l’immagine che richiama all’arte indiana. Su internet ho visto copertine che secondo me si confacevano di più al libro, tipo QUESTA, ma comunque alla mia ora ci sono anche un po’ affezionata, quindi va bene così. Il titolo mi ha incuriosito fin da subito, ma ammetto di averci messo parecchio a capirlo! Credo (e ho trovato qualche conferma su internet) che il romanzo, se escludiamo la tragedia, è fatto di piccole cose, piccoli episodi quotidiani, belli o brutti che siano. E quindi il dio delle piccole cose è un po’ quello a cui si “votano” i protagonisti, perché preservi questa tranquillità serena.

Nuove parole/cose scoperte
Di solito questa sezione è riservata ai libri in lingua, ma anche se questo l’ho letto in italiano c’ho trovato comunque una parola che, anche se probabilmente non è che proprio non l’avessi mai sentita prima, mi ha colpito: tesaurizzare: significa “accumulare, mettere in serbo, per costituire una riserva”, anche in senso figurato, com’era usato nel romanzo.

Curiosità

Pur essendo profondamente immerso nella cultura indiana, nel romanzo ci sono un sacco di riferimenti al mondo occidentale. Ne vorrei ricordare due. Il primo è la descrizione delle soap opera Beautiful e Santa Barbara (che già di per sé nominarli insieme fa tanto anni 90!), in cui algide bionde con il rossetto e le pettinature rigide di lacca seducevano androidi e difendevano i loro imperi sessuali (Pagina 38) Calzantissima! XD

La seconda è il film Tutti insieme appassionatamente che i protagonisti vanno a rivedere al cinema in un pomeriggio che precede di qualche giorno la Tragedia ma in cui già succedono Cose Brutte, e in cui il film alla fine non lo vediamo se non nell’impazienza di Rahel, che l’ha già visto, e lo adora, e si immagina le scene, si fa domande. Mi è piaciuta molto questa parte, e l’ho trovata molto emblematica del romanzo: Tutti insieme appassionatamente è un film famosissimo, la storia si conosce, quindi l’autrice ne parla come a qualcuno che già sa di che si tratta, e questo rende la scena così vera, e normale, come se davvero stessimo chiacchierando con qualche amico, ma in mezzo all’attesa del film succedono cose, altre si prospettano all’orizzonte, e tutto si svolge in un arco di tempo molto breve (il tempo di andare in macchina al cinema, con qualche fermata forzata nel mezzo), e cose belle sono mescolate a cose orribili, cose quotidiane a cose eccezionali, cose familiari a cose inaspettate. Una delle parti che mi è rimasta più impressa di tutto il romanzo.

Bonus
Ne ho due. Come ho detto all’inizio, non ricordo di preciso cosa mi spinse ad inserire questo libro nella wishlist prima e a comprarlo poi. Però posso dire cosa mi ha spinto finalmente a leggerlo: è stato un video del canale TED-Ed della serie “Why should you read…”. In realtà ho visto solo l’inizio del video, quando ho creduto che stesse spoilerando troppo ho smesso di vedere, ma mi è bastato per intrigarmi moltissimo e farmi desiderare di iniziare finalmente a leggerlo. Alla fine poi, data la natura del romanzo che ho più volte descritto, non si trattava di veri e propri spoiler, ma guardandolo poi tutto qualche spoiler comunque c’è. Il video è davvero molto bello, però, quindi ve lo ripropongo con l’avvertenza che dà comunque alcune rivelazioni sulla trama, quindi SPOILER ALERT!!!
Il secondo bonus è QUESTO LINK: una sorta di “guida allo studio” (in inglese) che analizza molti aspetti del romanzo, davvero interessante e ben fatto. Per esempio mette in evidenza una cosa che io non avevo proprio notato, e cioè come alcuni oggetti che ritroviamo nominati più volte e in periodi diversi nel romanzo abbiano un forte carattere simbolico.

Mini recensione

Romanzo bello e intenso dallo stile eccezionale

God of Small Things by Jamie Lee Reed

Titolo: Il dio delle piccole cose
Titolo originale: The God of Small Things
Genere: realismo
Autore: Arundhati Roy (Wikipedia)
Nazionalità: indiana
Prima pubblicazione: 1997
Ambientazione: Ayemenen, nel Kerala (India); 1993, 1969 e varie ambientazioni precedenti a quest’ultima
Personaggi: Rahel, Estha (Esthappen), Ammu, Velutha
Casa Editrice: SuperPocket
Traduzione: Chiara Gabutti
Copertina: Studio Baroni
Pagine: 357
ISBN: 88-462-0150-7
Provenienza: bancarella dell’usato, 22 agosto 2009
Link al libro: IN LETTURAGOODREADSANOBII
inizio lettura: 13 novembre 2019
fine lettura: 21 gennaio 2020

Sfide

Un po’ di frasi

Maggio ad Ayemenem è un mese caldo, meditabondo. Le giornate sono lunghe e umide. Il fiume si ritira e corvi neri si rimpinzano di manghi lucidi sugli alberi verdepolvere, immobili. Maturano le banane rosse. Si spaccano i frutti dell’albero del pane. Mosconi viziosi ronzano vacui nell’aria fruttata. Poi si schiantano contro i vetri delle finestre e muoiono, goffamente inermi sotto il sole.
[incipit]

I cieli si aprivano e l’acqua scendeva a torrenti, ridando vita al vecchio pozzo avaro, verdemuschiando i porcili senza porci, bombardando a tappeto immobili pozzanghere color tè, proprio come fanno i ricordi con immobili cervelli color tè.
(Pagina 20)

Spiegò loro che la storia era come una grande casa di notte. Con tutte le luci accese e gli antenati dentro che sussurrano.
«Per capire la storia», disse Chacko, «dobbiamo entrare e ascoltare quel che dicono. E leggere i libri e osservare i quadri sulle pareti. E annusare gli odori.»
(Pagina 63)

Sulle spalle portavano un barilotto pieno di rabbia antica, acceso da una miccia recente.
Frase riferita ai lavoratori manifestanti che i protagonisti incontrano in un viaggio in macchina
(Pagina 81)

Mammachi gli ordinò di smettere di tremare, ma lui non ci riuscì, perché non si può dare ordini alla paura. Nemmeno a quella di un Paravan.
(Pagina 89)

Dietro gli occhiali allungati, i suoi inutili occhi erano chiusi, ma lei vedeva la musica staccarsi dal violino e sollevarsi nel pomeriggio come fumo.
Dentro, la sua testa era come una stanza con drappi scuri chiusi in faccia alla splendente luce del giorno.
(Pagina 180)

Perché Ammu non aveva ricevuto quel tipo di educazione, non aveva letto quel genere di libri, non aveva conosciuto quella sorta di persone che avrebbero potuto indurla a pensare le cose che pensava.
Semplicemente, ce l’aveva per natura.
[…]
Si svilupparono in lei una forte sensibilità alle ingiustizie e quella vena ribelle e testarda come un mulo che si forma quando Uno Piccolo è tiranneggiato da Uno Grosso.
(Pagine 194-195)

Il segreto delle Grandi Storie è che esse non hanno segreti. Le Grandi Storie sono quelle che abbiamo già sentito e che vogliamo sentire di nuovo. Quelle in cui possiamo entrare da una parte qualunque e starci comodi. […] Ci sono familiari come le case in cui abitiamo. […] Sappiamo in anticipo come vanno a finire, eppure le seguiamo come se non lo sapessimo. Allo stesso modo in cui sappiamo che un giorno dovremo morire, ma viviamo come se non lo sapessimo. Nelle Grandi Storie sappiamo chi sopravvive, chi muore, chi trova l’amore e chi no.
E ciononostante vogliamo sentirle un’altra volta.
In questo consiste il loro mistero e la loro magia.
(Pagine 245-246)

Raudra Bhima – il Bhima furioso e assetato di sangue in cerca di morte e vendetta. «Sta cercando la bestia che è in lui» […].
Quale bestia in particolare, il Compagno Pillai non lo disse. Quello che forse intendeva veramente era che Bhima cercava l’uomo che era in lui, perché nessuna bestia, questo è sicuro, ha mai uguagliato l’arte immensa, straordinariamente fantasiosa dell’odio umano. Nessuna bestia può raggiungere le sue proporzioni e la sua potenza.
(Pagine 252-253)

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