Titolo: Il giovane Holden
Titolo originale: The Catcher in the Rye
Autore: J.D. Salinger
Nazionalità: statunitense
Prima pubblicazione: 1951
Casa Editrice: Einaudi
Traduzione: Adriana Motti
Pagine: 248
Link al libro: GOODREADS – ANOBII
Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne.
[incipit]
La storia è raccontata in prima persona dal giovane Holden Caulfield, che ci fa un resoconto dettagliato di tre giorni della sua vita, dopo essere stato appena buttato fuori dall’ennesima scuola.
Questa per me è stata una rilettura, che volevo fare da molto, perché sentivo spesso commenti molto lusinghieri, addirittura adoranti, su questo libro, mentre io ne avevo un ricordo davvero pessimo.
Bè, in effetti mi ricordavo male, non è brutto come credevo. Ma non è neanche così bello. Per citare (mossa un po’ meschina, me ne rendo conto!) lo stesso Holden: Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira. Ecco, questo non è per me un libro di quel tipo. E forse il giudizio negativo che gli diedi allora, il dubbio che ho ancora adesso se dagli 2 o 3 stelline, è dovuto principalmente alla sua fama, che mi ha portato ad aspettarmi da Il Giovane Holden chissà cosa. Insomma, sono esagerati tutti, o non è il libro che fa per me? Io direi un po’ entrambe le cose.
Il segnalibro che ho usato durante la lettura. |
Nella nota di traduzione, all’inizio del libro, c’è scritto che «Holden Caulfield è un personaggio ormai famoso e proverbiale negli Stati Uniti, l’eroe eponimo di tutta una generazione.». Ecco, questo mi sembra esagerato. Posso certo capire che ci si possa immedesimare, ma per quanto mi riguarda neanche così tanto, non riesco proprio a vedere questo personaggio come un “eroe” (con tutte le sfumature di significato che questa parola può avere).
Insomma, ragionando e riflettendo alla fine mi sono resa conto che la maggior parte delle critiche che ho da fare dopo questa lettura non sono sul libro in sé, ma sui commenti che leggo in giro, perché non solo non li condivido, ma mi irrita pure un po’ il fatto che tante persone vedano tante cose che io proprio non riesco a vedere in questo libro. Allora, mi sono detta, prendiamo un attimo di pausa, e cerchiamo di capire cosa penso io, e io soltanto, di questo libro.
Analizzandolo con la massima obiettività di cui sono capace, vengono fuori un paio di cose che in effetti generalmente apprezzo poco, e che quindi, pur non essendo fattori assolutamente negativi, me lo fanno piacere di meno. Una è per esempio il linguaggio. Capisco l’esigenza di risultare naturale e realistico, ma un’imprecazione ogni 2×3 è proprio fastidiosa! E c’ho messo un bel po’, direi 3/4 di libro, ad abituarmi al modo di parlare di Holden, anzi, mi sa che fino all’ultima pagina ancora un pochettino ha continuato a suonarmi male. Poi, delle volte Holden ha quegli atteggiamenti così presuntuosi e al tempo stesso vittimistici che odio quando ritrovo sia nelle persone che nei personaggi, e che non riesco proprio a scusare.
Ma, sempre cercando di essere obiettiva e non farmi influenzare, alla fin fine opto per le 3 stelline. Perché ci sono stati dei pezzi che mi sono piaciuti molto. Per esempio quando parla con le due suore, e il suo giudizio su Romeo e Giulietta, poi i pattini della bambina o la storia della cartolina al timpanista (e in genere quasi sempre quando ricordava il fratello Allie). Anche Holden stesso, in alcuni momenti, mi piaceva moltissimo.
Peccato infine per l’intraducibilità del titolo, perché in effetti l’immagine dell’acchiappatore nella segale è una delle cose più belle di tutto il libro (non mi dilungo a spiegare la cosa, tanto lo fa benissimo la wikipedia).