Inizio proprio dall'inizio a postare le frasi da questo libro, ovvero addirittura dalla prefazione, scritta da Stefano Zamagni.
[Frans van der Hoff], affascinato dall'idea di rendere "migliore il mondo", accetta la sfida oggi forse più radicale: come "piegare" le regole di funzionamento del mercato per porlo al servizio degli ultimi, di coloro cioè che, senza giustifico motivo, vi sono sistematicamente esclusi.
La proposta del commercio equo e solidale, quale emerge dal lavoro di van der Hoff, va letta su questo orizzonte di senso. Non è semplicemente per i risultati - pur notevoli - finora conseguiti che il commercio equo e solidale va preso in seria e attenta considerazione. Sarebbe questo un modo superficiale e riduttivo di interpretare uno dei fenomeni più significativi del panorama economico dell'ultimo quarto di secolo. Aver compreso che è possibile servirsi del mercato e della sua logica - basata sui tre principi costitutivi della divisione del lavoro; dell'idea di sviluppo; della libertà d'impresa - per conseguire obiettivi di liberazione dal bisogno e di fraternità tra le persone vuol dire aver avuto l'intelligenza di riscoprire il significato profondo della celebre massima della scuola francescana di pensiero economico secondo cui l'elemosina aiuta a sopravvivere ma non a vivere, perché vivere è produrre e l'elemosina non aiuta a produrre.
Si deve invece arrivare a comprendere che esiste una terza concezione del mercato, quella dell'economia civile, in base alla quale si può vivere l'esperienza della socialità umana e della fraternità all'interno di una normale vita economica, né a lato, né prima, né dopo di essa.
Nelle condizioni storiche attuali [il consumatore] può però inviare messaggi, con le sue scelte d'acquisto, per segnalare che è interessato a conoscere non solamente le caratteristiche fisiche del bene che intende comprare, ma anche il modo in cui quel bene è stato prodotto. Mai dimenticare, infatti, che il consumatore prima di essere tale è un acquirente, un soggetto cioè che raccoglie informazioni sulle storie che i prodotti sempre si portano appresso. Ebbene, la grande novità di questa epoca è l'emergenza di una figura nuova, quella del consumatore socialmente responsabile. [...] Anche il cittadino quale consumatore non può sentirsi esonerato dall'obbligo morale [...] di utilizzare il proprio potere d'acquisto per il raggiungimento di quei fini che egli stesso giudica meritori e che dicono della sua identità culturale.
Chi, come l'autore di questo libro, da 25 anni vive fianco a fianco con i piccoli produttori del Messico [...] non può non aver compreso che è l'essere per l'altro, il dono come gratuità (da non confondere con il dono come regalo) all'origine di ogni esperienza di felicità.
Dopo la prefazione, ecco le citazioni con cui inizia il libro.
Bene, ora cominciamo con le frasi tratte veramente dal libro. Sono singole frasi o piccoli brani estrapolati dal resto del libro, e quindi forse a volte potrebbero risultare un po' "strani" o incomprensibili. Spero comunque che vi piacciano lo stesso!!!
I piccoli produttori come noi sono formiche che si trovano di fronte dei giganti: le grandi imprese e le multinazionali.
Ci proponiamo [...] di sviluppare un mercato [...] in cui il consumo di prodotti del "commercio equo e solidale" contribuisca alla protezione dell'ambiente e al miglioramento delle condizioni di vita.
Dobbiamo imparare di nuovo a sognare, ma tenendo gli occhi bene aperti.
[Il commercio equo e solidale] rappresenta una forma di ribellione e al tempo stesso una proposta. Costituisce un modello diverso, un modello di mercato nel mercato, una strategia potente che mira a far sì che i produttori e i consumatori si riapproprino della responsabilità e del potere reale di dare impulso ad alternative commerciali e di metterle in atto.
Solo un'agricoltura di buona qualità, rispettosa delle regole del commercio equo e solidale e condotta da coltivatori che mantengano, o addirittura accrescano la biodiversità nelle colture può essere considerata realmente sostenibile.
...un commercio diverso, che si esercita nella trasparenza, la democrazia e la giustizia. Abbiamo creato e sviluppato imprese sociali sostenibili, portatrici di una responsabilità globale nei confronti sia dei produttori sia dei consumatori, dell'industria e dell'ambiente.
Nel corso di questa avventura, ho capito che era fondamentale richiamare costantemente i principi di base. Effettivamente si correva il rischio che il commercio equo e solidale si limitasse a costituire un insieme di attività di scambio assoggettate al mercato, e che ci si dimenticasse della sua ragion d'essere, vale a dire una attività di piccoli produttori rivolta a quei consumatori che decidono di modificare le proprie scelte di acquisto affinché il sistema economico dominante possa gradualmente evolversi.
Noi intendiamo - e ci battiamo per questo - fondare su basi sostenibili un altro genere di pratiche commerciali, un'economia diversa che non si ponga come obiettivi né il profitto, né il volume prodotto, ma il rispetto di tutti coloro che partecipano alla filiera.
Spesso mi si chiede in che misura il commercio equo e solidale abbia realmente consentito di migliorare la situazione dei piccoli produttori della regione dell'istmo. Ebbene, i guadagni dei membri dell'Uciri sono aumentati del cento per cento: prima, ogni produttore guadagnava un dollaro al giorno, ora ne guadagna due!
Sono diventato teologo perché volevo capire la ragione per cui ero credente. Dare ragione alla speranza: ecco che cosa è per me la teologia.
C'è un fermento di nuove idee; gli esclusi, affiancati da qualche intellettuale, creano nuove pratiche alternativa e di resistenza. Si diffonde un semplice principio: la felicità non si può vendere né comprare.
La libertà è un prerequisito indispensabile a qualsiasi tentativo di miglioramento sociale ed economico della società.
Non è solo una questione di presa di coscienza, quanto di empatia nel senso che Erich Fromm attribuisce a questa esperienza di relazione con l'altro. Ed è qualcosa che solo la sofferenza ci può insegnare. Ora, il termine "soffrire" non figura nel lessico dei valori dei neoliberisti. [...] Eppure la sofferenza è la sorte quotidiana di milioni di persone che, lungi dal lasciarsi sopraffare, la fronteggiano con coraggio e dignità.
Nel Padre Nostro, la preghiera di Gesù, si dice. «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Non domani, oggi! Non il mio pane, il nostro! è la prima delle preghiere; non dà prova di grandi ambizioni («sia fatta la tua volontà»), ma è imperativa e ferma («dacci oggi il nostro pane quotidiano». è un dovere umano e non un atto di carità.
Guardare il mondo con gli occhi dei poveri che soffrono e muoiono non lo rende più bello, ma è un modo più autentico, più sacro di guardare.
Oddio, un blog sensato.
Potrei emozionarmi…
Alle volte lo “spazio cibernetico”, cosi’ accessibile, viene gettato al vento, senza alcuna ragione. Analfabeti che scrivono ad altri analfabeti a proposito del flusso più o meno regolare del loro ultimo ciclo mestruale…e gran parte di loro è composta da uomini. Tornando a noi, complimenti per il blog. La prossima volta eviterò la cruda prefazione. Un saluto!
Uè, che dire… bè, grazie ad entrambi del commento!
Devo concordare con voi sul tenore della maggior parte dei blog in giro, però devo ammattere che ce l’ho anch’io un blog personale, in cui parlo per la maggior parte di cavolate. Questo qui è dedicato solo ed escusvamente ai libri! :)
Questa estate, durante una manifestazione culturale, abbiamo conosciuto una persona che si occupa del commercio equo e solidale. Un signore dall’aria vissuta nonchè simpaticissimo, che ci ha raccontato un sacco di aneddoti. Ci ha parlato del disinteresse dei poteri forti, dell’ostracismo dei media, e dei giornali in particolare (ne ha avuto da dire anche su Il Manifesto, giornale che a quanto pare non sempre è coerente come vorrebbe far credere). Ha una visione dell’Italia completamente negativa, che in parte condividiamo. Sappiamo però che, fortunatamente, i messaggi del commercio equo e solidale vengono recepiti con maggior forza al di fuori dei nostri confini. Un giorno, forse, anche “noi” arriveremo a comprendere, o quanto meno a interessarci di certe problematiche…
Non sono d’accordo con una visione così negativa. Un po’ perché sono ottimista di natura, un po’ perché, vivendo un po’ dentro una piccola realtà del commercio equo che è la Bottega del Mondo della mia città, vedo per fortuna un sacco di miglioramenti a questo proposito, miglioramenti anche e soprattutto nel modo di pensare delle persone, di concepire i consumi in generale. Certo, piccoli passi, ma che mi fanno ben sperare!
Grazie comunque del commento! Mi fa sempre piacere scoprire nuovi “fan” del commercio equo&solidale! :)